Inter Nos 6

Pubblicato su San Siro Calcio, domenica 1 dicembre 2013

IL PUNTO – A Bologna l’Inter ha mancato l’aggancio al Napoli e al terzo posto. Il pareggio al Dall’Ara, assai stretto per il numero di occasioni create e per il gol da Gialappa’s – parole di Mazzarri – subìto sull’unico vero contropiede avversario, ha lasciato rimpianti un tantino esagerati. Purtroppo ci si dimentica troppo in fretta da dove l’Inter è partita, ossia dal nono posto e dalla peggior difesa, Pescara retrocesso escluso, dello scorso campionato: 57 i gol subiti con Stramaccioni. Le occasioni sprecate a Cagliari, Torino e Bologna ci stanno nel processo di rinascita interista, che resta comunque più rapido del previsto. Per i miracoli, diceva qualcuno, ci stiamo attrezzando. Se l’Inter fosse tornata vittoriosa da Cagliari, Torino e Bologna, oggi lotterebbe per il vertice e sarebbe da scudetto. Invece sappiamo bene che questa Inter al momento non può ambire così in alto, perché non ha ancora gli uomini per un tale salto di qualità. L’Inter di Mazzarri è comunque una realtà, una squadra che sa lottare e soffrire e che, oltre ad una buona condizione psico-fisica, ha l’umiltà giusta per rimanere nella scia del trio di testa. Poi il futuro è sempre un’ipotesi ed è chiaro che se a gennaio, coi soldini di Thohir, si dovesse trovare l’occasione giusta, la qualità complessiva della squadra potrebbe ulteriormente migliorare, ma il terzo posto diventerebbe possibile solo se il Napoli o la Roma dovessero andare in crisi di gioco e di risultati.
La Juventus è oggettivamente di un altro pianeta.
Intanto ora ci sono due partite consecutive a San Siro contro Sampdoria e Parma e servono sei punti per poi andare a vedere proprio al San Paolo se il Napoli di Benitez, in involuzione dopo tre sconfitte consecutive tra campionato e Champions, può davvero essere acchiappato.

LA SQUADRA – L’Inter è una buona squadra, trasformata in positivo dal buon rendimento di alcuni giocatori che l’anno scorso apparivano inutili, Jonathan e Alvarez su tutti. Il laterale brasiliano, in particolare, sembra davvero un altro giocatore: a Bologna è stato il migliore in campo e ha segnato il suo quarto gol stagionale, tre in campionato e uno in Coppa Italia. Ma non basta. L’Inter ha bisogno di esterni, perché Mazzarri ne è un grande consumatore e, dietro a Jonathan e Nagatomo, c’è solo Zanetti, appena recuperato. Pereira e Wallace, per ragioni diverse, non paiono affidabili. Di Chivu, ospite fisso dell’infermeria di Appiano, si sono purtroppo perse le tracce da troppo tempo. E al centro della difesa, con il muro Samuel che si va sempre più sgretolando dopo mille battaglie, serve un ricambio di livello per Juan Jesus, Ranocchia e Campagnaro, anche se Rolando al momento sta facendo il suo. Qualcosa serve anche a centrocampo, visto che Kovacic va a corrente alternata e Guarin continua ad essere un talento troppo anarchico. Davanti i quattro attaccanti ci sono solo sulla carta. Milito non tornerà a breve, come Icardi, operato d’ernia. Restano Belfodil e Palacio, che senza rigori è il miglior marcatore della Serie A, ma che non può permettersi nemmeno un raffreddore. Quattro punte sarebbero pure sufficienti per il solo campionato se fossero tutte disponibili, ma in realtà Mazzarri tutti i suoi attaccanti in salute finora non li ha mai avuti. Per migliorare davvero l’Inter in ottica terzo posto occorre insomma tornare sul mercato, sfruttando le prime iniezioni di liquidità del neo-Presidente Thohir. Inutile sbilanciarsi sui papabili. Al di là del tormentone Nainggolan e dei soliti noti, di qui a gennaio di nomi ne usciranno a decine, molti dei quali in realtà rilanciati da procuratori in cerca di pubblicità. Probabilmente non si riuscirà a fare nella prossima finestra di mercato tutto quello che servirebbe. Per portare l’Inter al livello di competitività di Juventus, Napoli e Roma, servirebbero almeno tre innesti di qualità, uno per reparto. Ma i giocatori di livello, soprattutto internazionale, costano.

LA SOCIETA’ – Avanti e indietro da Giakarta. E’ questo il destino di Erick Thohir, dal 15 novembre scorso ufficialmente 20° Presidente dell’Inter, dietro versamento di una prima tranche di 75 milioni di euro nelle esangui casse nerazzurre.
Nei suoi primi giorni milanesi il primo Presidente straniero dell’Inter è stato trattato come un capo di stato in visita ufficiale: lo hanno portato dovunque, gli hanno fatto vedere di tutto, manco fosse arrivato Babbo Natale. Lo abbiamo visto in Lega Calcio, alla Gazzetta dello Sport, nella sede della Regione Lombardia, oltre che naturalmente nelle tradizionali sedi interiste, da Corso Vittorio Emanuele, ad Appiano Gentile, perfino a Interello. E lo abbiamo ascoltato in parecchie interviste, nelle quali ha subito smentito tutti coloro che chissà con quali informazioni lo avevano annunciato come un tagliatore di teste, prima tra tutte quella di Mazzarri, rassicurato invece più volte grazie alla bontà del suo lavoro. Intanto in vista del mercato di gennaio continuano a operare Branca e Ausilio. Il nuovo Presidente, prima di agire,  vuole capire, conoscere la sua nuova creatura ed è logico pensare che le grandi manovre non cominceranno prima di primavera. Per allora l’Inter potrebbe avere un nuovo direttore della comunicazione, non necessariamente proveniente dal calcio e un nuovo direttore marketing, più che mai aperto ai mercati esteri. Come Direttore Generale per ora resta Marco Fassone, forte di alcune competenze in tema di stadi, perché tra gli obiettivi della nuova Inter, anche se non al primo posto, c’è il nuovo impianto nerazzurro in zona Expo. L’organigramma della prossima FC Internazionale, in linea col contenimento dei costi, sarà certamente molto più snello. Al di là della solita gettonatissima suggestione Leonardo, che resta comunque un uomo di Moratti, molti indizi portano per la prossima estate ad un nuovo responsabile del mercato: al proposito ci sarebbe già stato un contatto con Walter Sabatini, che alla Roma ha dimostrato di saper lavorare con profitto anche sui giovani. Ma anche queste sono tutte ipotesi, francamente non ancora suffragate da alcunché di pratico.
“Non si può essere competitivi coi ricavi che abbiamo” – ha ribadito a più riprese Erick Thohir. E in questa, tra le sue tante dichiarazioni, c’è la vera storia dell’Inter nell’ultimo anno e mezzo, la ragione irrinunciabile di un passaggio di proprietà necessario per tornare nel calcio dei grandissimi. Il progetto di Thohir si presenta come un progetto pluriennale, che a medio termine agirà soprattutto sul cosiddetto calcio non giocato, fatto di marketing e comunicazione, di brand soprattutto, perché l’idea-guida è quella di rendere l’Internazionale un club Intercontinentale. Non a caso sono stati frequenti nelle sue interviste gli accenni al mondo NBA degli States, dove si generano introiti ancora sconosciuti in Europa. E, come sempre, ci sono gli ignoranti in servizio permanente effettivo: quelli che se Thohir parla non va bene, quelli che se Thohir non parla non va bene lo stesso. Molti lo temono, moltissimi non capiscono nemmeno di cosa parli. Verosimilmente Thohir potrà essere giudicato serenamente solo tra un paio di anni. Non è venuto per sconvolgerci, ma per coinvolgerci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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