Argentina: River Plate, ex interisti contro

di Andrea Ciprandi da http://andreaciprandi.wordpress.com/

Il ritorno del River Plate nella massima serie argentina ha inevitabilmente generato molto interesse ma ancora più attenzione sta destando quel che è seguito.
Lasciatasi alle spalle la stagione in B, risultato di anni di pessima gestione finanziaria e a tratti tecnica, la squadra ha prima preparato e poi iniziato quella nuova in un clima dominato sicuramente dall’entusiasmo ma anche da speranze forse eccessive e tensioni che sotto la presidenza di Daniel Passarella non si sono minimamente affievolite rispetto ai tempi di Aguilar – anzi.
Effettivamente quella che sembra essersi instaurata a Nuñez è una sorta di diarchia incarnata nello stesso Passarella e l’allenatore, Matias Almeyda. Tutto quanto è stato e continua a essere fatto, al di là della sua giustezza o meno, è infatti contraddistinto dall’inaccessibilità di chi decide al punto che non è dato sapere se all’origine di ogni risoluzione ci sia sempre e solo il numero uno del club o se, almeno sul piano tecnico-tattico, a decidere sia il tecnico.
I problemi sono iniziati non appena concluso lo scorso campionato. In quattro e quattr’otto ed evitando il confronto diretto sono stati fatti fuori Cavenaghi e Alejandro Dominguez. Non si tratta di giocatori qualsiasi, bensì di due dei protagonisti indiscussi della promozione – assurti a idoli assoluti non solo in considerazione delle loro grandi qualità e per via di quanto fatto sul campo ma anche sul piano umano per essere tornati al River dopo anni in giro per il mondo col preciso intento di riportarlo in Primera Division e per questo rinunciando ai tanti quattrini garantiti dai contratti che avevano in essere all’estero.

Archiviata questa pratica, è stata la volta dell’improvvisa e inattesa cessione di Ocampos, uno dei più grandi nuovi talenti al mondo, al Monaco di Ranieri. Ma se nell’ottica del risanamento del bilancio questa operazione può anche essere giustificata nonostante l’immane rinuncia tecnica che ha comportato, si stentano invece a comprendere i numerosi altri affari da cui è derivata una composizione dell’attuale rosa che tradisce parecchi buchi in chiave tattica.  Non bastasse, Almeyda non sta considerando le caratteristiche di molti dei suoi giocatori col risultato che oltre a far girare male la squadra rischia di bruciare alcuni ragazzi.
Il dibattito tattico, non per altro, è quel che tiene banco ormai da più di un mese. Per tanti giocatori ceduti in prestito o in via definitiva, infatti, ne sono arrivati altri di indubbio valore fra cui Lanzini (reduce dal prestito annuale al Fluminense), Luna (capocannoniere dello scorso campionato) e i difensori Mercado (che fu campione d’Argentina con l’Estudiantes) e l’ex doriano Jonathan Bottinelli. Ma se già dal saldo fra cessioni e acquisti era risultato un equilibrio appunto tattico in generale precario, il tecnico ha provveduto a creare ancor più confusione: si ostina a far giocare uno stopper nel ruolo di terzino sinistro, rinuncia praticamente sempre al trequartista (mortificando il talento di Lanzini, che pure aveva fortemente voluto che tornasse alla base, relegandolo sulla fascia oppure facendone direttamente a meno) e di recente non ha mai portato in panchina un difensore (coi danni che ne sono seguiti al che il terzino destro titolare si è fatto male e non c’era nessuno di ruolo per sostituirlo).
Ma lui, Almeyda, è ugualmente soddisfatto. E nei piani alti della società nessuno ha da ridire sul suo operato da dilettante (essere certamente stato una bandiera ‘millonaria’ sul campo non lo solleva dalle attuali responsabilità). Nei corridoi del Monumental evidentemente non preoccupa il ritardo dalla vetta della classifica che, complice una squadra spezzata in due comunque la si metta in campo e con il disinteresse assoluto per una fase difensiva che si è visto quanto possa vanificare il buono fatto in attacco, aumenta poco alla volta ma inesorabilmente. Tanto quanto non preoccupa il cosiddetto Promedio, decisivo una volta all’anno in chiave retrocessione, che peggiora ogni volta che si lasciano punti per strada.

Alla vigilia della trasferta sul campo del Velez, con un terzo di campionato già andato, il River non è  certo nei guai a metà classifica dove si trova. Ma in prospettiva le cose vanno male e per questo la situazione è già più incandescente di quanto possa trasparire dalle colonne dei giornali o, peggio, dalla sostanziale assenza di esternazioni ufficiali dei dirigenti.
Sarebbero tante le cose da sistemare, ma a tutte indifferentemente è praticamente impossibile metter mano. A chi tiene al River (e ne mantiene la concezione derivante da 111 anni di storia) brucia ancora troppo lo scotto pagato di recente perché chi di dovere non è riuscito a rimediare alle piccole magagne che, sommate, hanno finito per dar vita a un grossissimo guaio. Peccato però che per provare a rimettere ordine si debbano aspettare le prossime elezioni. Almeyda, lo si è capito, è il pupillo del presidente che ha lasciato che il River affondasse poco alla volta fino a sprofondare in serie B, senza nemmeno seguirlo sempre da vicino, e che adesso che può godere del margine di sicurezza rappresentato dalla militanza nella serie maggiore dimostra di sentirsi ampiamente al sicuro. E perché qualcuno lo sostituisca, sempre Almeyda, sembra inevitabile che prima debba cadere proprio Passarella. Si ottenesse questo, se a sedere in panchina tornasse Ramon Diaz che è il nemico pubblico numero uno del Kaiser oltre che il più grande idolo recente della gente, per ben più che metà di soci e semplici tifosi sarebbe il massimo.

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