Calciopoli, lo scudetto resta all’Inter

Lo scudetto 2006 rimane all’Inter. Per sempre? Difficile dirlo, perché le partite nei tribunali, compresi quelli sportivi, sono più lunghe che sui campi. Con la progressiva radicalizzazione del conflitto, oggi all’addetto ai lavori resta un’unica chiave di lettura su Calciopoli, quella giuridica.
E in punta di diritto, la pronuncia del Consiglio Federale, anzi la non pronuncia, visto il difetto di competenza, non fa una piega. Ovvio che i tifosi la pensino diversamente, ma non mi sono mai filato i talebani delle opposte fazioni e non comincerò certo ora. Le anime dannate di Calciopoli non troveranno mai pace, neppure quella eterna: ci sarà sempre quelli per cui alla Juve di scudetti ne avrebbero dovuti revocare almeno altri tre e quelli per cui l’Inter non ha meritato niente di quello che ha vinto. Discorsi del bar sport, al di là dell’indubbio fascino mediatico.
Torniamo alla questione di diritto. Con buona pace degli avvocati per corrispondenza, nel 2006 il commissario Guido Rossi non assegnò formalmente il titolo, ma si limitò a stilare la classifica del campionato di Serie A dopo le penalizzazioni. Da cinque anni ci propinano mediaticamente la favoletta di un’assegnazione ‘etica’ dello scudetto 2006, un po’ anche per il comunicato stampa firmato da Guido Rossi e dai tre saggi che è scritto male. Lo scudetto fu invece assegnato automaticamente, senza delibere e numeri di protocollo. Se l’atto di Rossi fosse stato davvero ‘attributivo’, con valutazioni nel merito, la revoca teoricamente avrebbe potuto aver luogo. Invece il Commissario, sentito il parere dei saggi, si limitò a contare i punti in una classifica alterata dalle penalizzazioni inflitte nel processo di Calciopoli, senza alcun intervento etico. Lo scudetto all’Inter fu insomma il semplice frutto dello scorrimento della classifica ed è proprio per questo che l’atto di ‘autotutela’, cioè la revoca, contenuta nell’esposto della Juventus non è percorribile. Togliere qualcosa precedentemente dato equivale a comminare una sanzione, inapplicabile senza un giusto processo. Sono questi i fatti giuridici per cui nulla è cambiato e difficilmente cambierà.
Storia finita? Teoricamente no, perché nell’ambito strettamente sportivo la Juventus ha ancora la possibilità di appellarsi alla Corte di giustizia del Coni ed è giusto che vada fino in fondo. Resta un po’ bizzarro che l’esposto bianconero abbia preso corpo solo grazie al lavoro dell’imputato Moggi: lui e il suo staff si sono presi la briga di spendere soldi, tempo ed energie per ascoltare migliaia di telefonate, che la stessa Juventus non aveva alcun interesse ad ascoltare. E sarebbe ancora più bizzarro se poi la Juventus, dopo aver usato Moggi, finisse per chiedere proprio a lui un risarcimento danni in caso di condanna al processo di Napoli. Altro discorso sarebbe rivolgersi al Tar rischiando anche in questo caso una dichiarazione di inammissibilità in quanto la Juve non è portatrice di un interesse legittimo, ossia la riassegnazione dello scudetto 2006 che non è stata proceduralmente chiesta, ma solo di un interesse diffuso di correttezza nella vita associativa, che non legittima ad agire in giudizio.
Per fare un esempio pratico, tutti abbiamo un interesse diffuso ad una corretta azione amministrativa, ma non per questo abbiamo diritto di impugnare ogni provvedimento amministrativo anche se non incide direttamente sui nostri diritti, o meglio, interessi.
Chi sostiene che Guido Rossi non attribuendo formalmente lo scudetto 2006 lo abbia blindato ha le sue ragioni e a distanza di cinque anni la relazione di Stefano Palazzi, il PM del pallone, non è rilevante. Il PM è un organo requirente e non giudicante e ha un campo d’azione limitato. Rappresenta l’accusa, che è solo una parte del processo.
Secondo alcuni giuristi Palazzi non avrebbe neppure dovuto scrivere le sue 72 pagine, ma limitarsi a ravvisare l’intervenuta prescrizione e, come si dice in gergo, ‘lasciar cadere la penna’.
Una prova in questo senso resta proprio il velocissimo esposto del Brescia proprio contro lo stesso Palazzi, che nella sua relazione non scrive solo di Inter, ma (ri)esamina posizioni già giudicate nelle sedi competenti, tra cui quella del Brescia.
Malignamente si potrebbe pensare che Palazzi, ben sapendo che nulla avrebbe potuto essere riesaminato, abbia quasi voluto dare un contentino alla parte soccombente di Calciopoli. Qualsiasi cosa avesse scritto Palazzi, in assenza di un processo a carico dell’Inter non possono neppure scattare reprimende o censure.
Il resto sono opinioni e contano nulla. Ora pure Della Valle, nel nome di un presunto senso dello sport, attacca frontalmente Moratti nel tentativo di riabilitare la Fiorentina, penalizzata proprio per essere scesa a patti con la ‘Cupola’. Della Valle, interista ex consigliere dell’Inter, ha il dente avvelenato con Moratti fin da quando fu lasciato solo nella battaglia sui diritti-Tv contro il duopolio Juve-Milan. Ma con la tagliente battuta sulla poca voglia di dar vita ad una certa rimpatriata anche Moratti ha colpito duro.
Chiaro che Moratti lo scudetto 2006 più che come etico lo viva come un risarcimento per gli anni tremendi che ha passato, fermo restando gli errori di mercato e di valutazione. Ma è troppo banale spiegare che l’Inter non vinceva mai solo per l’incapacità del suo Presidente. Troppo semplicistico pensare che si fosse costretti a scambiare Cannavaro con Carini senza essere sotto ricatto.
A cinque anni di distanza la forbice tra la retrocessione in serie B della Juventus a fronte di un beneficio premiale come lo scudetto a tavolino resta certamente troppo ampia, ma i ruoli di Calciopoli restano quelli fotografati dalle sentenze del 2006. Dal 2001 e per cinque anni consecutivi lo scudetto è stato un affare tra Juve e Milan, con i rossoneri capaci di spuntarla solo nel 2004, perché con la Cupola a pieno regime non ce n’era per nessuno. Nell’ambiente tutti sapevano. Moratti cercava di reagire all’impossibilità di vincere comprando inutilmente campioni. E gli interlocutori abituali di Facchetti erano il ‘signor’ Bergamo e la ‘gradevolissima’ Fazi! Non vomitate, cambio subito argomento.
L’ultimo pensiero lo dedico ai moralisti dell’ultim’ora, quelli per cui l’Inter ora dovrebbe rinunciare alla prescrizione e quelli che sindacano sulla partecipazione nerazzurra alla prossima Champions League. In certe amenità cascano spesso proprio quelli che certe vicende le conoscono bene, avendole vissute prima dell’Inter.
Perché l’Inter, in certe gare, continua ad arrivare dopo altri.
Alcuni fatti della Juventus risalenti al quadriennio 1994-98 furono giudicati dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 21324 del 2007 “un disegno criminoso per alterare le gare attraverso la somministrazione illecita di farmaci”.
La prescrizione sopraggiunse 59 giorni prima della sentenza salvando la società bianconera.
Allora non si urlò allo scandalo e io stesso ritenni fisiologico che la Juventus si avvalesse della prescrizione, istituto giuridico che non esiste certo a caso, ma sarebbe piuttosto lungo spiegarvi perché.
Nella Champions League 2006/07, l’UEFA Emergency Panel informò il Milan che la sua ammissione in Europa non veniva concessa con piena convinzione da parte del governo europeo del calcio, perché“seriamente preoccupato del fatto che l’AC Milan potesse aver destato l’impressione di essere coinvolto in operazioni volte a influenzare impropriamente il regolare svolgimento del campionato italiano di calcio”. L’organo UEFA, dopo aver rivisto i propri regolamenti, si riprometteva di  vigilare per intervenire duramente sui comportamenti irregolari tenuti dal club nel corso delle competizioni UEFA. Un’ammissione sub judice, che non ha impedito al Milan di vincere meritatamente quella Champions League.
Allora perché solo l’Inter è chiamata a sbandierare la scolorita bandiera dell’onestà in un mondo in cui come ho sempre detto il più pulito ha la rogna?Per chi? Per i caproni che pascolano quotidianamente nel calcio italiano? “Ma mi faccia il piacere” – avrebbe detto Totò. Atro che smoking bianco di Materazzi e tante altre provocazioni ad uso e consumo dei fanatici! E’ Calciopoli che non si revoca, prima dello scudetto 2006!
Personalmente sarò il primo a celebrare il prossimo scudetto della Juventus, che è bene ricordarlo, ha fatto la storia del calcio prima di Luciano Moggi e la farà anche dopo, con buona pace di coloro che al calcio giocato ormai non sanno più pensare.

 

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