AndFCI: Roma-Inter 6-2
Malgrado il 6-2 per i giallorossi, si è giocato all’Olimpico e non al vicino Foro Italico, sede degli Internazionali di tennis. Sotto di tre pere già dopo un quarto d’ora, reti di Totti, De Rossi e Perrotta, l’Inter ha provato a rialzare la testa con Crespo, prima di essere infilata altre tre volte da Mancini e da Panucci, autore di una doppietta, come Crespo. Quando si perde così, c’è poco da dire e l’intera gara resta lo specchio fedele di due squadre con motivazioni opposte: da una parte la Roma, già sconfitta in tre finali su tre dai nerazzurri e decisa a riscattare con la conquista della Coppa Italia l’1-7 di Manchester, dall’altra l’Inter Campione d’Italia, che ha ormai staccato la spina. La cosa bizzarra è che la Coppa Italia pare contare solo se la si perde, ma certamente c’è modo e modo di perdere e l’Inter lo ha fatto nel modo peggiore, con prima vera figuraccia della stagione. Per conquistare la Coppa Italia per la terza volta consecutiva occorrerebbe vincere a San Siro giovedì prossimo per 4-0 e, malgrado nel calcio più che altrove esista l’impossibile, non ci credo per niente. Non a caso Materazzi, uno dei simboli più rilucenti dello straordinario campionato nerazzurro, pareva già in spiaggia. E con lui Toldo, Cordoba, Maxwell e compagnia. Sorvolerei volentieri su Adriano, rimandando qualsiasi commento alla prossima stagione, mentre Recoba ha sempre l’attenuante di venir presentato a gara già compromessa, cosa che gli permette quasi sempre la via di fuga dell’ingiudicabilità. Solo Figo e Crespo sono stati all’altezza, ma entrambi, guarda un po’, sono nella storia del calcio, dove non si entra per caso. C’è anche chi, da uomo di calcio, vede qualcosa di positivo, nei 6 ‘fischioni’ all’Olimpico: il campione del mondo di Spagna ’82 Antonio Cabrini sostiene che la prima finale di Coèppa Italia è la prova provata che l’Inter è diventata grande davvero, perché le grandi squadre la Coppa Italia la snobbano. Mi permetto di dissentire, le grandissime squadre non vogliono perdere nemmeno alla Gara di pesca al luccio sul lago Maggiore, ma forse, l’Inter è solo grande. Per diventare grandissima occorre la dimensione europea e se possibili evitare le figuracce: in fondo si può anche perdere con due gol di scarto.
Caro Gian Luca, se non ricordo male, mi perdonino i grecisti, la struttura narrativa di molte tragedie greche, è la seguente: òlbos (benessere, prosperità), kòros (sazietà, senso di pienezza), hùbris (tracotanza, dismisura), àte (accecamento da parte degli déi). Mi sembra che qualche dirigente della Juventus abbia incarnato la sequenza alla perfezione, anche se una parte del pubblico calcistico non la pensa così. Facile oggi chiedersi quanta tracotanza, nel nostro piccolo, abbiamo scontato in Coppa Italia. Forse prima di vincere lo scudetto avevamo troppa fame e ci son toccati i postumi della scorpacciata. Ora, siamo tutti d’accordo che il 6-2 dell’Olimpico non è davvero una tragedia, ma ammettiamolo: una doccia fredda di tali proporzioni, non rimediabile, come dici tu, non ce l’aspettavamo proprio. Allora, pur plaudendo ai meriti di una squadra splendida per tutta la stagione, da tifoso rilevo un dato: ieri mancavano Cambiasso, Viera per i primi 50 minuti (e 4 gol), Ibra e Cruz, i primi due assenti anche a Valencia, con l’esito che sappiamo. All’improvviso mi sembrano un po’ fasulli o quanto meno inconsistenti i discorsi della società sui grandi obiettivi della prossima stagione, sull’apertura di un ciclo, sul fatto che potremmo schierare ben due squadre forti,… insomma, pavento il “confermo tutti” di Moratti. Mi sembra infatti che il nostro centrocampo di robusti interditori abbia delegato per tutta la stagione a Stankovic, a Figo, ai terzini e alle punte il compito di costruire il gioco, ma appena una o due pedine fondamentali si sono rotte, o forma e motivazioni sono calate, i limiti del progetto sono emersi. Non è il caso che, dopo l’ubriacatura di champagne nerazzurro, Moratti offra ai tifosi qualche prospettiva di rinforzo, anche e soprattutto a centrocampo? Saluti e abbracci nerazzurri. Paolo