L’Inter non ha più stimoli

Pubblicato su Il Giorno, rubrica Inter nos – 29 gennaio 2004

Un punto nelle ultime tre gare contro Parma, Empoli e Modena. Una media da retrocessione, altro che Inter. E il solito spettro di una squadra che non riesce più ad essere tale, con undici singoli che vanno ognuno per conto proprio. Brutto modo di reagire ai guai degli ultimi tempi, dimissioni del presidente Moratti in primis. Se si riguarda attentamente la gara di Modena, non si capisce nemmeno dove mettere le mani, perché se è la testa che non gira, si ferma tutto, cuore, gambe e classifica. Eppure, i passi per affrontare una situazione complicata li hanno fatti un po’ tutti. Passi avanti, come Giacinto Facchetti, ormai prima firma operativa, come la ‘ strana coppia’ del mercato, Oriali e Branca, con il ritorno di Adriano, o come Zaccheroni, più che mai in prima linea, e passi indietro, come Moratti e i consiglieri, con dimissioni che sembrano più effettive del previsto. Si sono mossi tutti insomma, tranne la squadra, afflitta da un immobilismo che fa presagire il peggio. E qual è il peggio per l’ Inter? Rotolare in basso come una pietra in un dirupo, in un inverno già freddo come le sue ambizioni. Evidentemente, chi va in campo trova poco stimolante giocare per l’ultimo posto in Champions League o per l’ accoppiata Coppa Uefa-Coppa Italia. E se lo trovano poco stimolante calciatori solitamente abituati a palcoscenici che ora vedono in scena Roma, Milan e Juventus, figuratevi i tifosi, veri eroi di uno spettacolo deprimente. In tutto questo c’è un salvatore della patria: Adriano, tornato a vestire la sua prima maglia italiana, con un numero 10 che sa tanto di Ronaldo prima maniera, o se preferite, di Suarez, Beccalossi o Matthaeus, tanto per rifarsi ai totem. Ma nessuno salva nessuno, da solo, e Adriano è entrato a Modena mentre la squadra usciva. Troppo educato per dire tutto quel che deve aver pensato, ma troppo intelligente per non dir nulla. Tutti dietro di lui, decine di metri dietro di lui, ad aspettare il pallone senza cercarlo: tutti forse a pensare quanto è pesante correre senza la palla tra i piedi, cioè quello che pensiamo noi nelle partite tra amici. E se l’Inter è quella di Modena o quella battuta dall’Empoli a San Siro, è meglio parlar chiaro subito: ben venga il quarto posto finale, oggi il massimo raggiungibile, sempre che si riesca a tenerlo. Il problema sta nella testa ed è talmente chiaro che basta rileggersi la formazione che poco più di un mese fa diede lezione di calcio alla Juventus al Delle Alpi: la stessa vista con l’Empoli, a parte l’infortunato Cristiano Zanetti, rilevato da Emre. Delle due l’una, o lo Zanetti italiano è il nuovo Maradona, o la squadra, al primo intoppo nell’inseguimento al trio di testa, ha già tirato i remi e le motivazioni in barca. Propendo per la seconda ipotesi, perché è tipico dell’Inter correre solo per il piatto grosso, leggi scudetto o Champions League, e schifare quello piccolo, si chiami quarto posto, Coppa Uefa o Coppa Italia, o magari tutte e tre le cose insieme. Peccato però che i piatti ricchi siano già andati ad altri e in cambusa restino solo gli avanzi: meglio sfamarsi con quelli perché, con un altro anno di digiuno assoluto, il passo indietro, quello vero, quello definitivo, potrebbero farlo i tifosi, spettatori eroici di attori senza parte.

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