Che brividi, rivedo Tardelli!

Pubblicato su Il Giorno, rubrica Inter nos – 26 febbraio 2004

Perso il derby ma soprattutto la Champions League, cioè il calcio che conta, l’Inter prova a ricominciare la sua dura vita dalla Coppa Uefa e da un campionato ancora troppo lungo. Sochaux è un posto sperduto nel dipartimento di Franche-Comtè, a una manciata di chilometri da Belfort, altro posto conosciuto solo dai francesi. Se provate a cercare la città di Sochaux su atlanti ed enciclopedie, resterete delusi. Se tentate con Internet, al massimo c’è qualcosa sulla squadra di calcio che ha l’onore del quinto posto nel campionato francese, ma nulla sulla cittadina. Uno sputo sul globo insomma, sia detto senza offesa. Non ci fosse il calcio, Sochaux la conoscerebbero solo quelli di una nota casa automobilistica francese, così come Leverkusen in Germania è nota solo per quelli di una nota azienda farmaceutica. Di entrambe non scriviamo per non fare pubblicità. E’ il segno dei duri tempi nerazzurri, anche se non si capisce bene dove stia ormai l’azzurro: Sochaux, altro che Manchester, Madrid o Monaco di Baviera. Altro che scudetto e Champions League, qui ora si parla al limite di quarto posto, e se va bene. Sulla follia dell’ultimo derby non vorrei nemmeno tornare, anche se sinceramente ho incassato meglio di altre volte, e spiego perché. Per me c’è derby e derby, perché un conto è giocarlo con un distacco in classifica dai rivali di 16 punti e ormai fuori da tutti i discorsi di vertice, un altro è perderlo quando si è in lotta per lo scudetto o per la finale di Champions League. Ricordo a chi ridacchia o piange, a seconda dei punti di vista, che l’Inter, malgrado le difficoltà degli ultimi 15 anni, è diventata l’Inter grazie alle vittorie, non certo per guardare al derby come alla partita della vita. E stavolta pareva proprio così. Quindi, a differenza dei calciatori, io posso pensare già alla prossima stagione e prendermela meno rispetto agli ultimi due anni in cui l’Inter era una squadra di vertice e il Milan inseguiva. La cosa che mi angoscia però è che quest’anno somiglia sempre più a quello di Tardelli, cioè a un anno completamente perso, nel senso che non si vede l’ora che scorrano i titoli di coda. Certo passare da 2-0 a 2-3 in un derby è da proprio da folli ma, visto che è successo, meglio ora che nel prossimo campionato, dove spero ci si trovi a questo punto della stagione in ben altre condizioni di forma, umore e classifica. Detto questo, le similitudini con l’anonima stagione di Tardelli non sono poche e, se penso a quello che ha detto Cordoba, cioè che in quell’anno andava tutto storto, al punto che lui usciva di casa temendo che un autobus potesse prenderlo sotto, c’è poco da stare allegri. Mi consolo però pensando che Cordoba ogni tanto si fissa: una volta ha parlato di certi spiriti maligni che aleggiano nel calcio, altro che Stephen King. Io in realtà credo solo a quello che vedo anche se, intendiamoci, quello che vedo fa un po’ pietà: una squadra con un gioco dal minutaggio limitato, che a tratti pare farsela sotto, a volte gioca male, spesso crolla. E con lei, crollano le più elementari certezze per il futuro che va invece programmato con il cuore caldo, di passione, e la mentre fredda, di razionalità. Ancora una volta, c’è chi tende o teme per l’ennesimo cambio di panchina. Vorrei che stavolta fosse solo un’indiscrezione giornalistica, ma in passato sono stato smentito troppe volte:bruciare Zaccheroni dopo quattro mesi mi pare assurdo, ma possibile. Io chiedo invece all’Inter quello che l’Inter ha provato a dare con Cuper e deve sforzarsi di dare ora con Zaccheroni: continuità! Ogni volta che si cambia in corsa, finisce male: con Tardelli subentrato a Lippi, la squadra di questi tempi era sesta, come oggi, ma con Cuper che ha cominciato due volte la stagione sono arrivati un terzo posto, che era un primo sul filo del traguardo, e un secondo posto. Per qualunque allenatore è cruciale avere in mano la squadra dal principio: perché mai Zaccheroni non dovrebbe avere questa chance?

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