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Un colpo di fortuna

Immagine del redattore: Gianluca RossiGianluca Rossi
Cinema Un colpo di fortuna

di Woody Allen Udite udite, Woody Allen è tornato! Intendiamoci, non che sia mai veramente partito. Il fatto è che negli ultimi anni i suoi film erano un po’, come dire, insipidi, mai realmente interessanti; c’è da dire che non è facile, per nessuno direi, scrivere e dirigere un film all’anno, c’è il rischio di perdersi nella scrittura, nella direzione, figuriamoci nelle idee. Poi a 85 anni, dopo il suo precedente “Rifkin’s Festival” decide evidentemente di fermarsi e festeggiare degnamente la sua bella età. Questo lo ipotizziamo noi. Fatto sta che tra quel film e l’attuale “Colpo di fortuna” passano tre anni e le idee tornano alla grande. E più che di fortuna parlerei di colpo di genio. Certo, perché Woody torna a Parigi, dopo il gradevole “Midnight in Paris” del 2011, e decide che il suo nuovo film sarà in francese, con attori (e che attori!) francesi e la tematica una delle più amate da Allen: l’amore contrastato, il dramma e il caso. La mente va, giustamente, a “Match Point”. Jean (un ottimo Melvil Poupaud!) è sposato con Fanny (la semisconosciuta e brava Lou de Laâge) da alcuni anni: la loro vita sembra perfetta, entrambi sono realizzati nel lavoro, vivono in una bella casa, eppure un sottile strato di noia si è incuneato nel loro rapporto di coppia. Perciò quando Fanny incontra casualmente per strada Alain, (il bravo Niels Schneider) suo ex compagno di liceo che la riempie di attenzioni e dice di amarla dai tempi della scuola, la donna si sente lusingata e mano a mano rimane sempre più attratta dall’uomo. Tra di loro inizia una relazione che diventa ben presto molto importante tanto che Fanny vorrebbe lasciare il marito. A questo punto … vi lascio e non vi dico più nulla. Woody Allen ci piaceva molto con la sua comicità e il suo umorismo degli inizi, ora ancor di più ci piace questa fase assai matura in cui i sentimenti e il dramma hanno preso sempre più il sopravvento. Qui è bravo, ca va sans dire, nel presentare i fatti senza compiacimento né giudizi, nei dialoghi quasi rohmeriani sull’amore, nel rendere il tutto così naturale che sembra che la storia si racconti da sé. Spunta qua e là il suo vecchio e caro umorismo, forse un po’ nero. Da non perdere. Al cinema.

Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti - 7.12.2023

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