top of page

Perfect Days

  • Immagine del redattore: Gianluca Rossi
    Gianluca Rossi
  • 14 gen 1950
  • Tempo di lettura: 2 min
perfect days

di Wim Wenders Hirayama è un uomo di mezza età che conduce una vita tranquilla e routinaria: la mattina si alza, prende il suo furgoncino e va al lavoro, durante la pausa mangia un tramezzino al parco e fotografa la luce che filtra tra gli alberi, finito il lavoro torna a casa, smette gli abiti di lavoro, prende la bicicletta e va al bagno pubblico a fare la doccia e a rilassarsi nella vasca comune, poi va a mangiare, sempre nel solito posto, torna a casa, legge un libro e poi dorme. I giorni si ripetono sempre uguali, eppure diversi. Tornato a Tokyo a quasi quarant’anni da “Tokyo – Ga”, Wim Wenders, un giovanotto di settantotto primavere racconta la storia di un uomo comune che vive solo e che ama leggere libri usati, ascoltare musica anni 60-70 su audiocassette e fare fotografie agli alberi con una macchina analogica per cogliere il “komorebi”, che in italiano non si traduce con una sola parola, ma assume il significato non solo di catturare la luce che filtra attraverso gli alberi, ma anche un momento molto intenso dell’animo, capace di dare una sensazione magica e malinconica. Sensazioni che pervadono questo bellissimo film, scritto in collaborazione con Takuma Tarasaki, un’opera che parla della bellezza della vita di tutti i giorni. La si vede nello sguardo pieno di meraviglia del protagonista (uno straordinario Kôji Yakusho, Miglior Attore a Cannes 2023) che, ogni volta che esce di casa ha il volto sorridente rivolto al cielo, come a saggiarne la poesia e le possibilità di una nuova giornata. Wenders omaggia Ozu chiamando il suo personaggio con lo stesso nome del protagonista dell’ultimo film del grande regista giapponese. Grande risalto e importanza ha la colonna sonora (come in tutti i film di Wenders): The Animals, Patty Smith, The Rolling Stones, The Velvet Underground, Otis Redding, The Kinks, Van Morrison, Lou Reed, Nina Simone, praticamente un tuffo negli anni ’60. Perfect days è un film che cresce piano e che si fa largo nell’animo dello spettatore (s)travolgendolo con grande forza, tanto da lasciar senza fiato e senza parole. Un vero capolavoro. Al termine dei titoli di coda il significato della parola “komorebi”. Da non perdere. Al cinema. Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalanonti, 13.1.2024

Post recenti

Mostra tutti
Scomode verità

di Mike Leigh   Pansy è una casalinga sempre in lotta col prossimo: il marito, il figlio obeso e affranto dalla solitudine, lo...

 
 
Il Maestro e Margherita

di Michail Lokshin   Mosca, 1930: il Maestro, celebre autore di testi teatrali attraversa un periodo di crisi. La sua opera, incentrata...

 
 
Lee Miller

di Ellen Kuras   Un’anziana signora, Lee Miller, racconta a un giovane giornalista, venuto a intervistarla nella sua casa di campagna, la...

 
 
bottom of page