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L’innocenza

  • Immagine del redattore: Gianluca Rossi
    Gianluca Rossi
  • 20 ago 1950
  • Tempo di lettura: 2 min
L'innocenza

di Hirokazu Kore’eda Minato è un preadolescente silenzioso e tranquillo che improvvisamente inizia a comportarsi in maniera strana. La madre, vedova e impiegata in una stireria sospetta che qualcosa non vada bene e va alla scuola del figlio per parlare con l'insegnante, il quale nega di aver maltrattato o punito il figlio. Minato stringe amicizia con un suo coetaneo, Eri, i due diventano inseparabili. Tuttavia a casa Minato sembra sempre distante agli occhi della madre. La storia, raccontata dalle angolazioni differenti della madre, del maestro e del figlio, svelerà delicatamente la verità. Dopo la pausa coreana de "Le buone stelle" il regista Hirokazu Kore'eda torna in patria per raccontare una storia intimista e toccante, quella dell’amicizia forte che si crea tra ragazzi e la confusione che tale legame può creare in loro. Va detto che il titolo originale del film, "Monster", era più calzante perché dava l'idea di come tutto quel che non si capisce di una relazione, che sia amicizia o amore è scambiato dagli adulti per una "mostruosità". Il titolo italiano invece punta l'accento sul significato della mancanza assoluta di colpa in chi vive questi sentimenti. Un film delicato e toccante e che ricorda per certi versi quel magnifico "Close" di Lukas Dhont, anche se lì è accentuato il pregiudizio e la critica da parte dei propri coetanei. Kore'eda punta il dito invece sulla confusione e i dubbi tipici degli adolescenti (e non solo). Premiato più che giustamente a Cannes 2023 per la migliore sceneggiatura a Sakamoto Yuji, il film, che vanta anche l’ultima colonna sonora di Ryuichi Sakamoto (che riuscì a scrivere solo due composizioni per pianoforte), è da non perdere. Al cinema. Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti, 20.8.2024  

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