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Il punto di rugiada

  • Immagine del redattore: Gianluca Rossi
    Gianluca Rossi
  • 2 feb 1950
  • Tempo di lettura: 2 min
il punto di rugiada

di Marco Risi I giovani Manuel e Carlo sono stati condannati, uno per spaccio, l'altro per aver provocato un incidente d'auto e la pena viene tramutata in lavori socialmente utili da svolgere presso una casa di riposo, di 18 mesi per l’uno e 12 per l'altro. Arrivati a Villa Bianca il direttore mette subito in chiaro le loro mansioni: dovranno occuparsi degli anziani chiamandoli ospiti, delle pulizie e di tutto quello che la severa e integerrima infermiera Luisa chiederà loro e alla quale ogni giorno dovranno fare rapporto. Marco Risi torna al cinema (finalmente!) dopo cinque anni dallo scarso “Natale a 5 stelle” dirigendo con mano sicura e garbata un film struggente e lieve (ma non per questo leggero e poco profondo) basandosi sul classico tema della diversità tra giovani e anziani, pardon ospiti, tra il rifiuto delle regole e l’osservanza stretta delle stesse. Ma si sa che gli opposti se si respingono all'inizio finiranno poi per attrarsi, è una legge fisica. Come nel caso del punto di rugiada che è un termine meteorologico. Ed è sempre interessante notare e mostrare come tale attrazione si verifichi. Il film ha un buon ritmo, segue le quattro stagioni dell'anno (e della condanna di Carlo) e si regge su un manipolo di anziani attori di ottimo (Massimo De Francovich, Eros Pagni e Luigi Diberti) e buon livello (Maurizio Micheli e Valerio Binasco) e di giovani dai visi espressivi (Alessandro Fella, Lucia Rossi e Roberto Gudese). Diverte con una punta di amarezza, senza esagerare e svela senza fretta i segreti del passato di ospiti e volontari. Tutto giusto, tutto calibrato, anche gli omaggi alla famiglia Risi sono gradevoli e azzeccati: un ospite porta il nome del padre Dino, mentre le poesie che un altro ospite cita sono dello zio Nelo, poeta e regista con cui Marco Risi debuttò nel cinema come assistente). L’unica cosa un po’ fuori luogo è la chiusura finale, non convince il ritorno alla brutale realtà dopo aver sperimentato un luogo se non incantato quanto meno un po' fuori dal tempo e dalla vita di tutti i giorni. Un film gradevole e gentile, un po' raro da trovare nel panorama cinematografico italiano. E come tale è considerato: il film è distribuito in poche sale, e grazie solo al passa parola di chi l'ha visto, è giunto alla terza settimana di programmazione. E’ probabile che dopo averlo visto non direte più “Mah”. Vedetelo, non  rimarrete delusi. Al cinema. Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalanonti, 2.2.2024    

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