34C: Torino-Inter 0-1
Quando i disfattisti in servizio permanente effettivo allungavano ombre nere sul primato in classifica dell’Inter, predicavo ottimismo, non perché abbia doti taumaturgiche, ma in ragione del semplice buon senso. La vittoria di misura a Torino, seguita all’inatteso pareggio casalingo della Roma con il Livorno, ha incrementato il vantaggio sui giallorossi a 6 punti a 4 giornate dalla fine. Non è fatta, ma quasi. L’ottimismo non costa nulla e fa bene al cuore e, in fondo, questa squadra di cuore ne ha dimostrato parecchio negli ultimi tre anni. Sotto l’acqua torrenziale dell’Olimpico, l’Inter ha giocato un calcio cinico, ma a questo punto del torneo nessuna squadra regala spettacolo. Partita chiusa già prima della mezz’ora da una perentoria incornata di Julio Cruz su angolo di Balotelli. Prima e dopo la generosa reazione del Torino, squadra che ha scritto la storia del calcio italiano e che fa male al cuore riscoprire puntualmente in mezzo a guai seri. Ha fatto discutere la scelta di Mancini di togliere Balotelli a meno di dieci minuti dal riposo, col ragazzo che è scoppiato in lacrime in panchina. Al di là delle perplessità e delle stupidaggini di chi di calcio e logiche di spogliatoio capisce come il sottoscritto di taglio e cucito, c’è una logica. Mancini aveva più volte intimato a Balotelli ad allargare a sinistra il 4-4-2 nerazzurro, mentre lui tendeva troppo spesso ad accentrarsi. Mancini non ha atteso l’intervallo semplicemente perché ha temuto per l’ennesima gara in inferiorità numerica. Balotelli, che ho ribattezzato affettuosamente ‘Gomitelli’, ha la brutta abitudine di alzare troppo le braccia nei contrasti aerei e la cosa non era sfuggita a Morganti, che lo aveva già richiamato due volte. Supermario ha carattere: se viene provocato, risponde per le rime e corre il rischio di perdere la testa. Mancini ha fatto bene a toglierlo prima che le cose degenerassero. E’ finito il tempo dell’allegra democrazia in una squadra che ha bisogno di avere in panchina un uomo di polso e Mancini, a questo punto del torneo, fa bene a non guardare in faccia a nessuno. A fine gara, Mihajlovic ha spiegato bene le provocazioni che un giovane alle prime armi subisce da avversari più anziani: in questo lui era un maestro! Intanto l’Inter vola, mentre gufi e pessimisti ritornano nei tombini. E’ tempo di gonfiare i polmoni e di prendere fiato in vista del traguardo.
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