La zona d’Interesse

la zona d'interessedi Jonathan Glazer

Rudolf Höss, la moglie Hedwig e i cinque figli vivono in una casa grande con un bel giardino dove sono coltivate piante di ogni genere. Una famiglia come tante se non fosse che il signor Höss è il comandante del prospiciente campo di concentramento di Auschwitz. La zona di interesse è l’area di circa 25 miglia che si estende attorno al lager e al cui interno, incuranti agli orrori che si stanno consumando dall’altra parte del muro che li divide, vive con spensieratezza la famiglia felice. E’ un film strano e terribile questo dell’inglese Jonathan Glazer, che idealmente prosegue il lavoro precedente, datato 2013, “Under the skin”: se lì la protagonista Laura (Scarlett Johansson) pare non provare emozione né alcun tipo di sentimento verso le sue vittime, qui si ha la certezza dell’indifferenza allo strazio e al dolore inflitto a una parte del genere umano (che anzi viene visto solo come un ingombrante numero di persone da eliminare). Tratto dal romanzo omonimo di Martin Amis il film è stato girato a Auschwitz: la casa degli Höss è stata ricostruita dallo scenografo Chris Oddy e le riprese sono state effettuate utilizzando solo luce naturale e mettendo delle camere da presa remote in modo che gli attori potessero muoversi con naturalezza all’interno della scena. Ecco spiegata la mancanza di primi piani: la distanza dei campi medi, una cosa cui siamo poco abituati, sottolinea la distanza del regista che non giudica ma si limita a osservare con l’occhio dell’entomologo, regalando primissimi piani a piante e fiori. Ma chi la fa da padrone nel film è il sonoro, o forse sarebbe meglio dire il rumore. All’inizio è solo buio e suoni inquietanti, si crea attesa e disagio in chi guarda: questa scelta è un “aiuto” allo spettatore che deve entrare nella storia non solo per quello che si vede ma soprattutto per quello che si sente e che non viene mostrato dalla macchina da presa. Tra le interpretazioni, molto convincenti, si distingue Sandra Hüller (Anatomia di una caduta). Oltre ai premi di Cannes 2023 (Gran Prix speciale della Giuria, Premio Fipresci e Soundtrack Award a Mica Levi) il film ha conquistato l’Oscar 2024 come Miglior film internazionale e Miglior Sonoro. Un film necessario che non lascia indifferenti, da mostrare alle nuove generazioni per non dimenticare. Da guardare e ascoltare con attenzione. Da non perdere.
Al cinema.

Recensione del Conte Adriano Cavicchia Scalamonti, 14.3.2024