Inter Nos 12

Pubblicato su San Siro Calcio, sabato 23 aprile 2016

Analisi (spero) logica sull’Inter
A volte ci sono cose che passano sopra le nostre teste, anche nel calcio. E così l’Inter è destinata da 3 stagioni a perdere regolarmente a Genova da Gasperini, perché forse gli dèi del pallone non ci hanno ancora perdonato il modo l’abbiamo trattato. Poco male, fosse per me rifarei lo stesso anche se a Marassi dovessi perdere ancora. In più mettiamoci la favola di Totti a Roma, con l’Inter co-protagonista a distanza, di un rocambolesco finale da film giallorosso, con tanto di lacrime sugli spalti dell’Olimpico. Ovviamente scherzo, sono da sempre un illuminista e non credo a queste cose da Medioevo. Fosse per me, metterei una taglia su maghi e ciarlatani che oggi menano per il naso tanta gente ignorante.
Torniamo seri, o, perlomeno sarcastici. Ma come? Col Napoli avevamo risolto tutti i problemi e ‘sto Mancini in fondo non è poi così male e solo tre giorni dopo, si perde immeritatamente a Genova e quindi l’Inter fa di nuovo schifo e Mancini è un incapace? Insomma, il solito film che ho visto almeno un milione di volte, quando non si ha una grande squadra o, se preferite, una squadra senza veri top-players. Nell’ultimo turno infrasettimanale di campionato, c’è stato un momento, anzi più momenti, in cui un’Inter segnando un gol sarebbe stata ad un punto dalla Roma e dal posto Champions, che anche in caso di arrivo a pari punti coi giallorossi avrebbe arriso all’Inter. Alla fine si è finiti a -7, perché l’Inter, come altre volte, si è rivelata immatura, sprecona e pasticciona, mentre la Roma ha rimontato col cortometraggio strappalacrime di Totti e alla fine Spalletti era incazzato quasi come i tifosi dell’Inter.
Ora, visto che i giochi sono praticamente fatti, val la pena di tentare un’analisi, spero un’analisi logica.
Alla fine ad avere illuso tutti è stato l’inatteso avvio di stagione: l’Inter ha vinto le prime 5 partite di campionato e chi capisce poco di pallone aveva cominciato a credere addirittura allo scudetto, complice la partenza difficile della Juve. Lo scudetto in una stagione lunga otto mesi in realtà non è mai stato un traguardo realisticamente possibile, perché non lo è statisticamente per una squadra così nuova e inesperta, che si presentava comunque con otto, nove-undicesimi nuovi di zecca. Novità, in alcuni casi gioventù, a scapito dell’esperienza.
Basti solo pensare che Nemanja Vidic, che l’anno scorso era ancora qui, con 52 presenze in Champions, deteneva il singolare primato di essere quello che di gare europee ne aveva giocate più di tutti gli altri in rosa messi insieme. Poi Vidic è passato, purtroppo senza lasciare alcuna traccia della sua personalità, ed è toccato agli altri. Entusiasti all’inizio, ma con qualche limite, purtroppo emerso nei primi mesi di quest’anno. Anche gli acquisti più celebrati, Perisic e Kondogbia, ci hanno messo un po’ ad ingranare. Il 23enne Kondogbia, che paga sempre più del dovuto l’alto costo, non sappiamo nemmeno se abbia ancora completato il suo ambientamento. Con Il Napoli è stato continuo come mai prima, ma una partita non fa testo, se non per i tifosi. Se poi vogliamo parlare di allenatori, prendete Donadoni e Di Francesco. Fino a qualche settimana fa li si voleva al posto di Mancini. Ora è bastato qualche risultato negativo per farli uscire dal mirino. Nel mirino invece c’è sempre Mancini: si è dato un voto basso in questa stagione perché sa bene di aver gestito male lui per primo almeno due mesi di campionato. L’altro giorno però aveva battuto il Napoli e pareva tornato bravo, ora ha perso immeritatamente a Genova ed è di nuovo un incapace. Il tifoso è questo. Chi il calcio invece lo studia, si fa per dire, dovrebbe invece notare altro. Per esempio che Napoli e Roma hanno segnato addirittura una trentina di gol più dell’Inter e che gente in squadra come Nainggolan e Pjanic o come Hamsik e Higuain, qui non ci sono. Mancini ha sicuramente fatto degli errori, ma quello più grande è di non essere figlio di questi tempi. Mi spiego: l’allenatore Mancini è cresciuto in un calcio ricco ed è sempre stato abituato a formare squadre in grado di vincere in breve tempo mediante il ricambio, a volte fin esagerato, dii giocatori. Ciò non è più attuale nel calcio di oggi. Mancini non è più attuale nell’Inter di oggi, insomma.
Questo campionato, a meno di ulteriori e clamorosi crolli, verrà chiuso dall’Inter al quarto posto, che sarà in ogni caso il miglior risultato degli ultimi 5 anni, per piazzamento e punti, già superiori a quelli ottenuti dal 2012 in poi, anche se mancano ancora 4 giornate.
L’Inter che ha vinto le prime 5 partite di campionato e che è stata in testa fino a Natale riusciva a fare un gol e poi a difenderlo, al punto che anche Mancini allora ammetteva che quella non era ancora la sua squadra, perché sul piano del gioco non aveva mai convinto. La partita della svolta negativa, a differenza di quel che comunemente si crede, non è stata però Inter-Lazio sotto Natale, ma Inter-Sassuolo del 10 gennaio, finita 1-0 per gli emiliani con gol su rigore di Berardi al 94’, ma con i nerazzurri che avevano appena inaugurato un calcio diverso. Una grande squadra avrebbe saputo reagire a certi rovesci, ma il problema è proprio questo: l’Inter non è una grande squadra e psicologicamente si è persa, insieme al suo tecnico, a sua volta non abituato a gestire rose senza top-players. L’Inter è quindi affondata nel contradditorio tecnico: girandola di cambi nell’affannosa ricerca della squadra più affidabile, prestazioni a volte discrete a volte meno, occasioni da gol anche numerose in certe partite, ma risultati spesso negativi e, dopo un graduale rallentamento, ecco gli alti e bassi che hanno accompagnato l’Inter alla posizione che forse ne rispetterà definitivamente il suo valore in classifica, ossia il quarto posto. Guarda caso, più o meno, il posto in cui la collocavano i bookmakers quest’estate. Perché questi signori ci mettono dei soldi veri e a volte possono pure sbagliare, come col Leicester in Inghilterra, ma vi assicuro che statisticamente ci prendono spesso. Poi, sull’onda emotiva di ogni risultato negativo, perché il tifoso loggionista solo quello guarda, ogni volta si chiede la testa dell’ennesimo allenatore, anche se si finirà col miglior punteggio in classifica degli ultimi 5 anni e con qualche sensibile progresso sul piano del gioco collettivo, a cominciare da Icardi. E, magari , si ricomincerà ancora tutto da capo, permettendo a chi lavora invece con logica, la Juventus, di proseguire senza troppi patemi il suo dominio nazionale. Poi all’estero è tutta un’altra musica anche per la Juventus. Di buono c’è nel calcio nessuno vince per 10 anni di fila, ma intanto, complici gli errori strategici delle società milanesi, perché qui si vuole tutto e subito, ne sono già passati cinque. Per chi li ha vissuti non è altro che un deja-vu dei primi anni ’80 e per di più senza i mecenati di allora. Purtroppo mi tocca ribadire il mio noto ‘mantra’ e lo faccio a malincuore: finché l’Inter, ma vale pure per il Milan che di allenatori ne ha cambiati 5 in due anni e mezzo e forse non ha ancora finito, non terrà lo stesso progetto tecnico per almeno tre stagioni, non avendo già in casa una base collaudata e non potendo migliorarla coi top-players di un tempo, non si vincerà più nulla. Se non va bene Mancini, si scelga pure un altro dal mazzo, possibilmente uno che abbia appena vinto l’ultima partita, giusto per levarsi di torno almeno all’inizio gli intelligentoni della sentenza ad ogni fischio finale e lo si tenga almeno tre anni, evitando al primo pareggio casalingo o sconfitta a sorpresa di rimpiangere il predecessore. Credo di aver fatto un’analisi logica della situazione, ma purtroppo il tifo non ha logica e, ahimé, spesso nemmeno gli addetti ai lavori.
Ora sotto con l’Udinese a San Siro: si torni pure ad avere i soliti rimpianti per il terzo posto, ma intanto blindiamo il quarto!

 

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