Inter Nos 21

Pubblicato su San Siro Calcio, domenica 31 maggio 2015 

GAME OVER E NUOVA BUFERA – Si chiude a San Siro con l’Empoli, ma sull’anonima stagione dell’Inter campeggia già la scritta ‘game over’.
Le ultime due sconfitte con Juve e Genoa hanno definitivamente sbarrato all’Inter la strada per l’Europa. Giusto così, a pensarci bene, perché questo destino esclusivamente italiano l’Inter, in fin dei conti, se l’è pure meritato. Sarebbe bastato far risultato con la Juventus o con il Genoa, dove l’arbitro Tagliavento ha giocato il consueto ruolo non certo amichevole e saremmo qui a raccontare un altro film. Con le sue prestazioni, l’Inter però riesce sempre nell’impresa di non assicurarsi neppure il diritto al lamento. Il calcio di Mancini non è complicato: a differenza di quello di Mazzarri, la squadra prova sempre e comunque a fare la partita e spesso arriva ad un pelo dal vincerla, ma poi non dispone degli interpreti per mettere al sicuro quello che ha costruito. Facendo due conti, limitatamente a Marassi, la realtà è spietata. Reparto offensivo: due gol, altri due annullati di cui uno probabilmente regolare, un palo e una traversa che hanno stabilito il record stagionale di 20 legni colpiti insieme al Palermo, oltre a qualche spreco e agli ottimi interventi di Perin. Reparto difensivo: tre gol subiti con responsabilità più o meno collettive, almeno tre parate decisive di Handanovic oltre alla cappella da oratorio indotta soprattutto da Ranocchia, perché in ogni Scuola-Calcio se il portiere esce chiamando la palla il difensore deve fermarsi, e errori individuali a raffica tra cui addirittura un perfetto assist di Juan Jesus a Lestienne, unitamente alla solita galleria di insicurezze.
Ora non è certo l’ultima casalinga con l’Empoli che potrà cambiare il giudizio negativo su questa stagione, spazzando via i rimpianti dei tifosi, della serie ‘non si doveva cambiare allenatore in corsa, non si dovevano perdere punti con le piccole e via dicendo. Mancini ha senz’altro sopravvalutato le sue doti taumaturgiche e ha ipervalutato la squadra: questa è la sua colpa più grave. L’anno prossimo servirà un’Inter più forte, quella che il tecnico sta annunciando da tempo, anche se è ancora troppo presto per correre dietro ad ogni nome messo in giro dal procuratore di turno. Ci sarà tempo fino a fine agosto per costruire la nuova Inter.
Solo negli ultimi giorni abbiamo letto e sentito di tutto: Romero in porta al posto di Handanovic, Nastasic e Zukanovic in difesa insieme al già tesserato Murillo e poi la solita valanga di nomi per il centrocampo, da Kongogbia ad Alex Song, da Allan a Thiago Motta, da Lucas Leiva a Ignacio Camacho, tutte alternative a Yaya Touré, il sogno che un giorno nasce e che l’altro muore e che rischia di diventare il vero tormentone dell’estate. E poi Biabiany per completare l’attacco e chissà quanti altri, non appena il mercato aprirà ufficialmente i battenti.
Che poi, a dirla tutta, negli ultimi anni, i colpi di mercato più significativi, chi non ha grande budget, li mette a segno proprio negli ultimi giorni utili.
Intanto, come non bastassero le difficoltà nel calcio giocato, una nuova bufera ha investito la società Inter. Se voluta o presunta lo capiremo presto.
Il reportage del Corriere della Sera sulla catena di controllo del club nerazzurro ha già ulteriormente agitato l’estate dei tifosi. Rivelare che le quote delle holding di Erick Thohir sono in pegno a una società dagli investitori ignoti con sede in un paradiso fiscale come le Isole Cayman potrebbe scoraggiare gli sponsor, che sono alla base del progetto di rilancio dell’Inter. Qualcuno ci domanda se non ci sia addirittura un disegno per screditare Thohir. I più fantasiosi immaginano che il reportage non sia per nulla dispiaciuto a Moratti e a Tronchetti Provera, che ha affermato che perdurando l’assenza dall’Europa Pirelli potrebbe non rinnovare la sponsorizzazione dopo il 2016. Ma se Moratti e Tronchetti si sono già stufati di Thohir, perché non si ricomprano l’Inter? Strano comunque che Rcs, dopo aver presentato solo poco tempo fa Erik Thohir come il piccolo grande uomo venuto dall’Oriente per rilanciare il calcio italiano e dopo averlo invitato in pompa magna in via Solferino, raccontandogli persino le difficoltà economiche del gruppo per restare nella prestigiosa sede nel centro di Milano, manco dovesse occuparsene lui, oggi lo presenti in modo assai meno onorevole. E chissà se non abbia pesato anche la scelta di Thohir di Infront Italy al posto di Rcs Sport per sviluppare l’area sponsorship e l’offerta legata alla corporale hospitality di San Siro. Tornando alla questione su chi stia dietro Thohir e dove siano i suoi soldi, c’è chi ha spiegato che nella finanza globale è consuetudine degli uomini d’affari operanti su scala internazionale come Thohir trovare sponde in paradisi fiscali che garantiscono, in modo assolutamente legale, di minimizzare le tasse. La riprova starebbe nel fatto che questa pratica è in uso nella famiglia Thohir fin dal 1993. I tifosi però sono comunque preoccupati per il prestito di Thohir all’Inter con l’interesse all’8%, ma potrebbe trattarsi di un prestito ‘rollover’, che in base all’intesa con Moratti, potrebbe consentire all’Inter di tenere in cassa la quota d’interesse per convertirla poi in azioni, con ulteriore variazione delle proporzioni tra i due soci. In tal caso Thohir non lucrerebbe sul club, ma lo capitalizzerebbe aumentando la sua quota. Certo, che agli occhi di chi non s’intende di alta finanza ed è rimasto al mecenatismo tutto milanese di Moratti e di Berlusconi, la complessa architettura finanziaria su cui poggia il club dall’arrivo di Thohir è del tutto inedita. Eppure in Premier League oltre il 42% del capitale calcistico è in società offshore tra Isole Cayman, Isole Vergini Americane e Bahamas. Ma qui, forse, siamo ancora troppo vicini alla gestione padronale delle squadre di calcio.

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