Inter Nos 7

Pubblicato su San Siro Calcio, domenica 23 novembre 2014

IL DERBY DELLA RISCOSSA – L’Inter da quasi un anno è in mani straniere, ma il tratto distintivo dell’imprevedibilità, fonte del suo straordinario e unico fascino, non si è perso. Contro ogni dichiarazione ufficiale, è successo l’incredibile, perché venerdì 14 novembre Thohir ha licenziato in tronco Mazzarri e ha ingaggiato Roberto Mancini. Per quel che resta di questa stagione e per le prossime due. Complessivamente, tra Mazzarri e Mancini, vecchio e nuovo staff, è un’operazione da 30 milioni di euro lordi globali. Eppure fino a qualche giorno fa non c’erano nemmeno i denari per una quarta punta e si è andati davanti all’Uefa ad esporre il piano di risanamento dei conti. Che è successo? E’ successo che anche per un finanziere apparentemente senza cuore come Thohir, certe cose alla fine pesano. Pesano eccome. Dopo le ultime rassicurazioni di Ausilio a Mazzarri, in diretta a Telelombardia, Thohir a San Siro col Verona si è reso conto che il popolo interista si stava riducendo ai minimi termini nel numero e nell’interesse. Poi gli è toccato pure sentire Mazzarri mentre spiegava che col Verona non si è vinto “anche perché ha cominciato a piovere”.
A quel punto Thohir non ce l’ha fatta più e, dopo un colloquio con Moratti che non aspettava altro che impallinare Mazzarri per l’incauta risposta ricevuta dal tecnico qualche settimana fa (“non rispondo a questo o a quell’altro”), ha preso atto che forse era meglio spender subito un po’ di milioni piuttosto che perderne molti di più andando avanti tra l’indifferenza generale. Altro che rilancio del brand nerazzurro! Moratti lì ha giocato la sua carta migliore: se c’è bisogno anche di me per ricapitalizzare l’Inter – ha detto chiaro e tondo a Thohir – l’Inter deve ricominciare da un grande allenatore. Ed ecco Mancini.
Ed improvvisamente all’Inter è tornata la voglia di vivere e, speriamo anche quella di vincere. Proprio adesso che c’è il derby, il numero 213 nella casistica ufficiale.
Al di là della retorica sulla scossa data dal cambio di allenatore in corsa, l’Inter non può essersi trasformata come per magia. Di qui in avanti però capiremo se finora, dal punto di vista tecnico, l’abbiamo sovrastimata o sottovalutata, a seconda dei punti di vista.
Mentre Inzaghi i suoi li conosce a menadito, il Mancio sull’Inter ha potuto lavorarci pochissimo. Un conto è vedere i calciatori allo stadio da spettatori, un altro è viverci 24 ore su 24, gestirli caratterialmente e stimolarli davvero. Tutte cose che non si capiscono in qualche giorno di allenamento, ma solo dopo settimane di lavoro.
Al di là degli interpreti della prima recita del Mancini atto secondo, è comunque importante che nel derby si riveda l’Inter, nel senso del suo indomito spirito nerazzurro.
Non a caso nella conferenza-stampa di presentazione, Roberto Mancini la parola “vincere” l’ha usata almeno dieci volte in pochi minuti, mentre con Mazzarri in un anno e mezzo non la si è sentita quasi mai.
Tre giorni fa Walter Zenga, bruciato per l’ennesima volta nella corsa alla panchina nerazzurra proprio da Mancini, in una lunga telefonata in diretta televisiva che mi ha regalato una bella boccata di interismo militante di cui avevo tanto bisogno, mi ha acceso un’ulteriore speranza. A volte – ha spiegato Walter – è meglio che il nuovo tecnico non abbia il tempo di valutare per filo per segno ogni calciatore e scelga di affidarsi all’istinto, visto che ognuno vorrà subito mostrare il suo lato migliore. Che gli dèi (nerazzurri) del derby lo ascoltino!

 

 

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