Inter Nos 12

Pubblicato su San Siro Calcio, domenica 10 febbraio 2013

IL PUNTO – Incubo a Siena. Laddove l’Inter aveva vinto due scudetti, nel 2007 e nel 2010, l’incubo è stato accorgersi di essere la squadra contro la quale nulla è impossibile, per tutti, anche per il fanalino di coda Siena, che magari retrocederà, ma dopo aver portato via all’Inter 6 punti su 6, esattamente come il Novara un anno fa, a sua volta ultimo in classifica ma a bottino pieno, 6 punti in due partite, con l’Inter. Ed è da incubo anche lo score  delle ultime 12 gara, con soli 13 punti conquistati e una vittoria nelle ultime sette partite, a San Siro contro il Pescara, oltre ad un misero punto nelle ultime sei trasferte con gol subìti ininterrottamente dal 28 ottobre. Impossibile dopo una strisciaccia del genere non mettere alla sbarra società, tecnico e squadra. Ora a San Siro arriva il Chievo che ha battuto la Lazio a Roma e perso di misura con la capolista Juventus. Stramaccioni ha 5 gare di qui al derby del 24 febbraio per invertire il trend, cominciando proprio dalla sfida con i clivensi. Sotto processo ci sono le scelte di quest’estate, mentre è ancora sospeso il giudizio sul mercato d’inverno, che ha portato in extremis a centrocampo il giovane talento croato Mateo Kovacic, il serbo Zdravko Kuzmanovic e l’italo-argentino Ezequiel Matias Schelotto, a fronte della perdita in attacco di Marko Livaja. Basteranno i nuovi arrivi a restituire all’Inter lo smalto d’inizio stagione? Intanto, accanto all’inevitabile processo alla società, sono partiti parallelamente quelli al tecnico Andrea Stramaccioni, sotto accusa per aver perso il filo conduttore del gioco a furia di rivoluzioni tattiche e alla squadra, perché alla fine in campo ci vanno sempre i giocatori.

PROCESSO AL TECNICO – “D’ora in poi chi ce batte ce deve fa ‘na capoccia così” – aveva detto Andrea Stramaccioni dopo la sconfitta all’andata a San Siro con il Siena. Al ritorno è stato accontentato, perché il Siena domenica scorsa la “capoccia così” all’Inter gliel’ha fatta sul serio.
Il tecnico continua imperterrito a suonare la stessa canzone, quella per cui il terzo posto è sempre ad un passo, anzi a tre punti, ma in realtà ciò è dovuto esclusivamente a demeriti altrui. E l’ultima volta che Stramaccioni ha parlato di zona Champions come obiettivo aveva lo sguardo un po’ perso nel vuoto. Il tecnico ci ha messo del suo nella frenata dell’Inter, agganciata pure dal Milan che ha rimontato la bellezza di 11 punti. Restano le giustificazioni di sempre, dagli infortuni degli uomini-chiave alle decisioni arbitrali che non portano all’Inter un calcio di rigore a favore dal 31 ottobre scorso, senza dimenticare le squalifiche a partite concluse di Guarin e di Cassano.
Da questo punto di vista i tifosi chiedono alla società di alzare la voce e farsi sentire, perché dopo aver visto domenica sera il rigore fasullo che Valeri ha assegnato ai rossoneri all’ultimo secondo di Milan-Udinese, è chiaro che anche il fuorigioco centimetrico sul primo gol senese e il contatto in area  su Cassano adesso sia percepiti in modo più grave. Intanto l’arbitro Valeri è stato fermato, sai che consolazione…
Al di là del tema arbitrale, in sei mesi Stramaccioni non ha dato un gioco credibile all’Inter, senza contare che uomini e schemi cambiano ogni quarto d’ora creando confusione negli stessi interpreti. Un tecnico giovane difetta di esperienza per principio, ma proprio per questo Stramaccioni dovrebbe concentrarsi su una squadra base e confermarla per almeno tre partite.
Chiaro che in una situazione come questa, Moratti, che ha scelto Stramaccioni personalmente, sia costretto a guardarsi in giro nel caso la situazione dovesse ulteriormente precipitare. L’eventuale dopo-Stramaccioni ha un unico sbocco, che porta al nome dell’ex CT e difensore dell’Inter Laurent Blanc, un vecchio pallino del Presidente.
Tra le cose che si rimproverano a Stramaccioni, oltre all’assenza di gioco e di risultati, c’è la bizzarra decisione di aver scelto una preparazione natalizia unica al mondo, con dieci giorni di vacanza e poi tre giorni di ritiro con doppie sedute, come se si volesse recuperare il tempo perduto, col risultato di mandare in infermeria Milito e acciaccare ulteriormente Chivu.
Al momento tutte le squadre corrono più dell’Inter e anche la scelta di puntare già a Siena sui nuovi acquisti, arrivati da 3-4 giorni e con allenamenti al minimo sindacale, è stata completamente sbagliata. A farne le spese è stato soprattutto Schelotto, esposto nel primo tempo ad un’autentica figuraccia e sostituito all’intervallo dal 18enne Mateo Kovacic, un grande talento che avrebbe comunque meritato bel altro esordio. E poi l’insistenza sulla difesa a 3 che ha funzionato a lungo, ma che ultimamente sta imbarcando gol da tutte le parti. Probabilmente, senza Samuel, o al limite Cambiasso come perno centrale, anche Ranocchia e Juan Jesus si sentono meno sicuri. Tornare a 4 dietro sarebbe un buon inizio per prendere meno gol.

PROCESSO ALLA SQUADRA – Quando gira male e i risultati non arrivano in Italia si tende a prendersela con l’allenatore, ma si dimentica che poi in campo ci vanno i giocatori. E ultimamente tutti non si stanno dimostrando da Inter. Al netto degli infortuni, in squadra sono solo due quelli capaci di ‘fare’ calcio: Cassano per la fantasia e Cambiasso per il senso tattico, anche se entrambi dal punto di vista fisico, non durano mai più di un’ora. Per il resto c’è il grande spirito di sacrificio di Palacio, che quest’anno ha già fatto 15 gol ma fatica a reggere da solo il peso dell’intero attacco. E poi c’è Guarin, che ultimamente sta cadendo nella tentazione, anzi nel vizio, di voler risolvere le partite da solo, senza cercare il dialogo coi compagni, affidandosi a soluzioni personali da distanze siderali. Al di là della società e del tecnico, i più esposti alla bufera, anche la squadra nel suo complesso deve metterci qualcosa in più. L’impegno finora non è mai stato in discussione, ma servono più cuore e spirito di sacrificio. Rincorrere l’avversario quando si è persa la palla è quasi sempre prerogativa dei soli Nagatomo e Gargano, mentre gli altri spesso si fermano aspettando l’avvio di una nuova azione. Adesso tutti devono darsi una mossa, cominciando a fare le cose più semplici.

 

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