Chelsea e Inter, universi paralleli?

di Andrea Ciprandi da http://andreaciprandi.wordpress.com/

Nel campionato inglese come in quello italiano c’è una società in difficoltà di cui tutti parlano. Sono due squadre forti, ambiziose e dal recente passato vincente dopo anni di pancia vuota. Nonostante alcune inevitabili differenze, il loro appannamento attuale presenta analogie che lungi dall’essere segnali di un declino irreversibile dimostrano però come in certi casi non si possano prendere scorciatoie sulla strada della ripresa. E al termine delle comparazioni che seguono sarà evidente che oggi, nel complesso, i due club si somigliano più che mai.

Chelsea e Inter, ognuna per conto proprio, stanno attraversando una fase di profonda involuzione che se pure si vuole ricondurre a un processo di trasformazione indica che il cambiamento, oltre a non poter essere repentino, è appena iniziato e presumibilmente durerà a lungo. Sempre che si cerchi la solidità perduta e si voglia aprire un nuovo ciclo di successi.

Oltre che da vicende analoghe, ad accomunare i due club è in qualche modo anche l’attuale manager dei londinesi che, in estate, era stato accostato non si sa quanto a ragion veduta all’Inter. I suoi trascorsi da assistente di Mourinho (anche a Milano) avevano stuzzicato la fantasia di molti a cui sembravano bastare questi per sognare, con lui in panchina, la ripetizione delle imprese di due anni fa. Se quel che cercavano era un nuovo condottiero con le stesse caratteristiche dello Special One, però, meglio avrebbero fatto ad ascoltare Villas-Boas invece che fidarsi dei giornali: il giovane tecnico portoghese infatti non ha mai fatto mistero di avere appreso moltissimo (anche) da Mourinho ma ha anche sempre puntualizzato di non averne assimilato il credo calcistico che, anzi, resta quasi opposto al suo. Villas-Boas, per esempio, al Chelsea sta dimostrando di essere affezionato al 4-3-3 molto più di quanto non lo sia stato il Mourinho all’Inter. A quest’ultimo bastarono poche settimane per capire che in Italia non avrebbe reso e lo abbandonò in fretta e furia. Il suo connazionale successore ai Blues, invece, si sta dimostrando oltremodo cocciuto insistendo su questo modulo spregiudicato – troppo anche per il gioco aperto inglese – e così i risultati vengono solo a tratti, più per la debolezza di alcuni avversari che per la capacità di farlo fruttare a prescindere da chi si affronta. Fatta questa doverosa precisazione tattica e caratteriale sui due allenatori – che riprenderò in chiusura pensando allo scenario nerazzurro – e tornando al confronto diretto fra le due squadre per come sono oggi, torniamo agli oggettivamente miseri risultati che stanno ottenendo in campionato e proviamo ad andare alla radice del problema, che bene o male è la stessa.

Le spine dorsali di Chelsea e Inter sono costituite da giocatori della medesima forza e personalità, dagli stessi trascorsi e dal presente molto simile. In porta due dei tre migliori portieri al mondo degli ultimi anni: Cech e Julio Cesar, che in queste settimane stanno tornando ai vecchi standard ma sono reduci da mesi complicati durante i quali qualcuno è arrivato a metterne in dubbio la continuità. Davanti a loro, da una parte Terry e dall’altra Samuel e Lucio, colonne della difesa con licenza – argentino a parte – di partecipare alla manovra ma soprattutto campioni logori per età e infortuni subiti che qualche colpo iniziano a perderlo; accanto a loro, in compenso, le due stelle nascenti David Luiz e Ranocchia – che comunque devono ancora maturare definitivamente. A centrocampo, quindi, gli stagionati  Lampard e Cambiasso che, da simboli che sono, più di tutti incarnano lo stato di salute e le potenzialità attuali della propria squadra con un misto di intelligenza tattica e tenacia che spesso però non bastano più. Infine gli attaccanti: Drogba e Milito sono campionissimi caduti in disgrazia per guai fisici che solo ultimamente si sono riaffacciati sulla scena, per rimediare alla cui assenza lo scorso gennaio erano state comprate le punte più o meno titolari di due Nazionali, Torres e Pazzini. Le analogie, già qui, sono evidenti.

Colpiscono anche le voci che vorrebbero Chelsea e Inter presto in vendita. I loro proprietari, già notoriamente accomunati dagli interessi extracalcistici nell’energia, ultimamente stanno iniziando a valutare alcune offerte di acquisizione dopo aver fortissimamente voluto il loro club per lo stesso motivo: vincere la Champions League, competizione presto rivelatasi l’unico, vero e irrinunciabile obiettivo, al limite dell’ossessione. In questo caso il confronto sorride all’Inter: vendessero, infatti, almeno Moratti potrebbe dire di avercela fatta mentre Abramovich, forte com’è il Real Madrid quest’anno, rischia di passare alla storia come l’unico a cui Mourinho non ha portato LA coppa.

Già, Mourinho. Non sono fra coloro che non riescono a prescindere da lui, ma parlando di Chelsea e Inter devo logicamente considerare la sua influenza. Dopo essersene separati, entrambi i club hanno vacillato e i loro dirigenti sono entrati in uno stato confusionale concretizzatosi in continui cambi di allenatore. Cinque in quattro stagioni a Londra: Grant, Scolari, Hiddink, Ancelotti e infine Villas-Boas. Già quattro in poco più di un anno a Milano: Benitez, Leonardo, Gasperini e adesso Ranieri – che, a proposito, del Chelsea è un altro ex e seminò il terreno per i numerosi raccolti di Mourinho innanzitutto acquistando Lampard e lanciando in prima squadra Terry.

Detto di queste altre analogie che confermano quanto le due realtà siano parallele, c’è da fare una considerazione che fa invece pendere il piatto della bilancia, nel confronto, dalla parte del Chelsea. Se nonostante i frequenti cambi in panchina i Blues negli ultimi anni hanno saputo raccogliere un campionato e quattro coppe nazionali forti delle condizioni (allora) ancora buone dei loro campioni, all’Inter invece rischiano – a breve – di non portare a casa niente dopo la mini-tripletta della scorsa stagione: nemmeno un’improvvisa attività di mercato, infatti, potrebbe rimediare al deterioramento dei suoi giocatori di riferimento. Senatori, quelli nerazzurri, che rispetto a quelli del Chelsea restano l’unica reale ricchezza anche in prospettiva, i soli su cui poter (e sembra voler) davvero fare affidamento adesso ma anche nell’immediato futuro, nonostante i naturali limiti ricordati. Mentre a Stamford Bridge accanto ai giocaotri più esperti sono già protagonisti Lukaku, Sturridge e Romeu oltre al già citato David Luiz, all’Inter invece i vari Coutinho, Alvarez e Castaignos pur avendo talento sono ancora assai acerbi e a differenza di Obi e Faraoni che in Italia ci sono cresciuti potrebbero finire col capire di avere scelto il campionato sbagliato in cui provare a emergere – ma qui il discorso diventa un altro…

Per finire diamo uno sguardo in particolare alle prestazioni stagionali, anch’esse speculari. Le due squadre sono lontanissime dalla vetta: in attesa dell’imminente sfida col Manchester City il Chlesea a -10 e l’Inter potenzialmente a -12 ma ad oggi, prima del recupero col Genoa, a -15. Il Chelsea ha perso tutti gli scontri diretti con le grandi: Manchester United fuori, Arsenal e Liverpool in casa. L’Inter, oltretutto sempre a San Siro, ha invece ceduto a Napoli, Juventus e Udinese pareggiando solo con la Roma, altra squadra per altro in piena fase di ricostruzione. Ultimamente c’erano state due improvvise fiammate: l’Inter aveva vinto a Siena e il Chelsea a Newcastle – benché entrambe raccogliendo più di quanto meritato. Poi però l’immediata ricaduta nel torpore dell’Inter, che come ricordato ha perso con l’Udinese, mentre solo una vittoria col Valencia all’ultima occasione utile ha garantito al Chelsea una qualificazione europea che non era mai stata così in bilico da anni (e a proposito di Champions League, va ravvisata l’ennesima analogia col passaggio agli ottavi dell’Inter di cui si era altrettanto dubitato per lunghe settimane). In tutti i casi ricordati gli avversari erano bianconeri, bianco e neri come il presente dei club analizzati – con buona pace degli interisti morattiani che quest’abbinamento cromatico non sopportano. In coppa tutto può succedere, si sa; ma in campo nazionale se anche alla fine le stagioni di Chelsea e Inter venissero raddrizzate e arrivassero a risultare grigie, per ora è fuori di dubbio che le cose stiano andando benissimo o malissimo a seconda delle volte – non è un caso che siano anche le squadre ad aver pareggiato di meno in campionato, gli inglesi in assoluto con una e i milanesi con due ma dietro solo al Parma.

Tutto ciò premesso, pensando in particolare alla carta d’identità e allo stato psicofisico di molti giocatori, concludo affermando che non c’è allenatore che tenga. E che coloro che in estate fantasticavano su Villas-Boas meglio avrebbero fatto, già tempo fa, ad augurarsi di avere un presidente che in periodi di vacche grasse pensasse di più al futuro senza cedere all’ubriacatura, senza far sorgere il sospetto di essere, lui e lui soltanto, appagato. Perché nelle condizioni attuali, con l’immobilismo che è seguito alla sbronza, chiunque finirebbe col doversi accontentare di fare le nozze coi fichi secchi… Si chiami Ranieri, che effettivamente lo sta facendo, o anche Benitez (ora, col senno di poi, si può dire). O Villas-Boas, vien da pensare.

 

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