Il vocabolario di Mourinho

di Enrico Martinelli e Paolo Cappelleri da Ansa pubblicato il 25 maggio 2010
Aforismi e neologismi, citazioni e paragoni: Josè Mourinho ci ha impiegato 5 mesi per imparare l’italiano e due anni per cambiare definitivamente il vocabolario del calcio.

AREA – Dopo un rigore concesso a Del Piero, dice che “solo in Italia c’è n’è una di 25 metri”.

BARNETTA – Nome storpiato di Beretta Mario, reo di aver criticato la scelta di mandare Baresi in sala stampa. Ma almeno con lui e’ finita a tarallucci e vino con invito ad Appiano.

COREICA (sindrome) – Malattia che inizia con una goffaggine dei gesti e degenera in gravi difficoltà motorie, molto frequente tra i portieri avversari della Roma.

DERBY – Non l’ha vissuto come tutta Milano, perché “è una gara normale”. Ma per non sbagliare ne ha vinti tre su quattro.

EMPATIA – Con i tifosi, con la squadra, con la società, tutti rigorosamente nerazzurri. Ma sia chiaro: “Empatia non vuol dire solo e soltanto bacio bacio”.

FAIR PLAY – Esiste in Inghilterra e basta. Manca al Barcellona che “non sa perdere” e manca a tanti giocatori in Italia “anche se qui si chiamano intelligenti”.

GESU’ – Scomodato come termine di paragone per misurare la popolarità. E “neanche lui piaceva a tutti”.

HARRY POTTER – Puo’ servire anche un personaggio per ragazzi per mandare un messaggio al presidente. Ci vuole un mago per gestire 30 giocatori: Moratti capisce e iniziano le cessioni.

INTELLETTUALE (prostituzione) – Descrive la manipolazione dell’opinione pubblica nei 7′ di monologo più celebri della storia del calcio. Altro che Trapattoni e Malesani.

LO MONACO – Chi vuole farsi pubblicità parlando di lui deve pagare. A partire dal dirigente del Catania: “Conosco solo monaco di Tibet, Gp di Monaco, Monaco di Baviera”.

MANETTE – Gesto simbolo del secondo anno, poco apprezzato dalla Procura federale, moltissimo dai venditori di magliette.

NEURONIO – Chi si allena con Zanetti e Cambiasso senza imparare “ne ha uno solo e un po’ infortunato”. Messaggio non cifrato a Balotelli e “contributo alla cultura” per i compagni del figlio che scoprono l’esistenza della cellula nervosa.

OSSESSIONE – Non è un sogno la finale di Champions per il Barcellona, città dove lo ricordano non solo per l’eliminazione ma anche per le sue parole. Come capita più o meno a tutti.

PIRLA – Come presentarsi il primo giorno a Milano? Usando il più colloquiale degli insulti lombardi. Giusto per chiarire che la lingua l’ha studiata e imparata.

QUARESMA – 24 milioni pretesi con forza e buttati via. Il suo unico grande flop di mercato.

RUMORE – Sente quello dei nemici e gli piace molto. E la lista di chi fa rumore e’ lunga: Lippi, Spalletti, Ranieri…

SARTRE – Primo allenatore della storia del calcio a citare ‘La nausea’ del filosofo francese. Ovviamente per fare polemica.

TV – La guarda solo per studiare gli avversari, immagina che Milan e Juve ne abbiano lanciata qualcuna fuori dalla finestra dopo la rimonta dell’Inter contro il Siena.

UNDICI – Ricorda che tanti sono i giocatori in campo e quindi non serve una rosa di 28-30. Sono anche i milioni di euro guadagnati: “Non 9, ma 11. Che diventano 14 con gli sponsor”.

VINCERE – Verbo ripetuto come un mantra, sempre e comunque. In nome dell’imperativo, a Bergamo scuote i giocatori ricordando che il primo scudetto l’hanno “ritirato in segreteria”.

ZERO TITULI – Il punto di congiunzione tra italiano e portoghese nell’espressione più invidiata dai creativi pubblicitari.

1 Commento su Il vocabolario di Mourinho

  1. Michela Gusmini // 29 maggio 2010 a 15:15 //

    Che meraviglia, ragazzi, questo era e sarà sempre un grande!
    Anche se, io credo, dovrebbe ringraziare i giornalisti italiani: è grazie a loro che è diventato così famoso. In Inghilterra, ad esempio, Mou non aveva tutta questa importanza.
    Quindi, è vero che i giornalisti italiani sono spesso e volentieri esagerati e pesanti, ma è anche vero che come lanciano loro un personaggio non lo fa nessuno!
    Ci mancherai anche per queste tue perle di saggezza, Mou, l’Italia perde un grande personaggio e una grande persona, che non si faceva scrupoli a dire le cose in faccia e – soprattutto – non era malato d’ipocrisia.

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