Giganti da favola

giantsdi Nicola Gallo
Che agli americani piacciano le favole con relativo lieto fine è cosa risaputa. E allo stesso modo i figli di George Washington vanno pazzi per tutte quelle storie che richiamano la mitologia classica o le leggende dei loro padri. E il 42° Superbowl passerà alla storia dello sport americano perché non si è fatto mancare nessuno di questi ingredienti, scatenando una specie di follia collettiva negli States. Immediato il richiamo alla favola di Cenerentola, ovvero la squadra presente al grande ballo, nome con cui amano definire la finalissima del football, quando nessuno se la aspettava. Ma questa è una storia che periodicamente si ripropone nello sport stelle e strisce, soprattutto grazie alle imprese di piccoli e sconosciuti college che attirano l’attenzione dell’intera nazione scalando i vertici della NCAA, il campionato universitario. Ma a Glendale, Arizona, dove è andato in scena l’evento sportivo più seguito al mondo, a far compagnia a Cenerentola c’erano anche Davide e Golia, protagonisti di un’altra storia amatissima da queste parti. Ma questa volta la vicenda è addirittura amplificata, perchè a vincere sono i Giganti, che di fronte si trovavano gli extraterrestri. Sul terreno dello stadio dell’Università di Phoenix si confrontavano infatti i New York Giants, giunti a sorpresa al Superbowl, e i New England Patriots, squadra in grado di riscrivere quasi per intero l’albo dei record dell’NFL. Tre titoli negli ultimi sei anni per la franchigia di Boston, che giunge alla finale senza mai aver perso una partita, con un cammino di 18 vittorie e zero sconfitte, cosa mai accaduta nei precedenti campionati disputati. Solo i Miami Dolphins del 1972 riuscirono nell’impresa di aggiudicarsi l’anello senza mai perdere, ma allora la stagione regolare era più corta, e la loro serie si chiuse con un indimenticabile 17-0. I Patrioti sono poi guidati da Tom Brady, l’uomo che tutta l’America invidia e non solo per la bella fidanzata, la modella brasiliana Gisele Bundchen, ex di Di Caprio. Faccia pulita, vincente nato, Brady potrebbe intraprendere da domani la carriera di politico e ritrovarsi immediatamente senatore, raccontando a tutti come si diventa uno dei migliori registi di tutti i tempi dopo essere stato scelto al sesto giro con il numero 199. Il quarterback di New England è appena stato premiato come miglior giocatore dell’anno della Lega, ha lanciato 50 touchdown, record di tutti i tempi, di cui 23 al ribelle Randy Moss, che arrivato alla sua corte ha messo la testa a posto stabilendo il primato di marcature in una sola stagione. Insomma i Patriots sembrano davvero una macchina inarrestabile destinata a centrare la perfect season, primato che per molti era una cosa inimmaginabile prima dell’inizio di questa stagione. E quando sul cronometro dello stadio mancavano poco più di 2 minuti e mezzo tutta l’America era pronta ad arrendersi ad un finale già scritto. Il 24° touchdown stagionale confezionato dalla premiata ditta Brady-Moss portava il punteggio sul 14-10, mettendo in ginocchio gli stoici Giants, finora perfetti nella loro generosa difesa che li aveva portati avanti nell’ultimo quarto. E invece a consegnare alla storia una delle più belle finali di tutti i tempi è un brutto anatroccolo, che in questi playoff si è tramutato in cigno. Ovvero il quarterback di New York, Eli Manning, capace di confezionare un ultimo drive davvero fenomenale. Fratello minore di Payton, regista campione in carica degli Indianapolis Colts, accolto nella NFL come il messia, dopo tre anni di delusioni, vissute all’ombra del celebre familiare, Eli ha spiegato le ali e condotto la squadra della grande mela ad un traguardo inimmaginabile anche solo un mese prima. Dopo tre vittorie in trasferta, nessuno aveva mai vinto il Superbowl, e per questo i Giants sono arrivati a Glendale con il soprannome di Road Warriors. I successi ottenuti a Tampa, Dallas e Green Bay hanno avuto del miracoloso, e il piccolo Manning ha dimostrato di essere all’altezza di mostri sacri come Brett Favre o quotati emergenti come Tony Romo, nettamente sconfitti nello scontro diretto. Ma Tom Brady sembrava troppo anche per lui. Invece quando tutto sembrava perduto, con tre patrioti che lo tiravano per la maglia, Eli ha completato un passaggio da 32 yard ricevuto miracolosamente da David Tyree schiacciandosi l’ovale contro il casco con una mano sola. Poi con 35” da giocare, Manning completa l’opera con il lob in end zone per Plaxico Burress, che riporta avanti i Giants 17-14. Nemmeno il grande Brady riesce a rovinare il finale di questa storia, che vede il tecnico newyorchese Coughlin alzare il Vince Lombardi Trophy ed Eli, il brutto anatroccolo, succedere al fratello Payton nell’albo d’oro di miglior giocatore della finale. Per New England il sogno si è infranto ad un passo dal mito, ma siamo certi che nel 2009 Brady, Moss ed il diabolico allenatore Bill Belichick saranno ancora lì a lottare per scrivere l’ennesima gloriosa pagina di quella che negli States chiamano Dynasty. Ma ora la festa impazza a New York, che ha accolto i propri eroi con una parata interminabile per le vie del centro, facendoli passare tra due ali di folla entusiasta che non finirà mai di ringraziarli per questa favola diventata realtà.

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