4UCL: Inter-Porto 2-1

Via il dente, via il dolore. Ne parlo subito. Per averlo in campo così, preferisco non averlo. Sto parlando di Adriano. Non lo cederei mai, per ora, ma sicuramente posso sopravvivere senza vederlo in campo. Non c’è, nè dal punto fisico nè con la testa e così non è utile alla squadra che, guarda caso, ha cominciato a giocare ristabilendo la gerarchia sul Porto solo dopo la sua uscita. Adriano ha lasciato il campo immusonisto, con uno sguardo trucido verso la panchina. Lo fanno tanti giocatori, ma se ogni tanto si riguardassero, capirebbero perché certe partite non riescono a finirle. Di questi tempi, Adriano non è in grado di spostare gli equilibri, di andar via da solo tra tre avversari, nè di tirare in porta da 30 metri senza rischiare figuracce. E, a tratti, non pare nemmeno umile. S’incaponisce, s’arrabbia, tenta e ritenta, mentre i compagni intorno a lui gli chiamano la palla per poi girare la testa sconsolati dall’altra parte non appena lui la perde per aver rinunciato a scambiarla. Mancini lo ha lasciato giocare (?) finché ha potuto, rischiando di perdere la partita. Fuori Adriano, la serata è cambiata nello spazio di cinque minuti e mezzo, dall’umile ma letale Cruz. Oggi è Julio Cruz l’Imperatore, domani si vedrà. Elogi e copertine sono tutti per questo argentino dall’aria un po’ sofferta ma molto allegra in zona gol. Se l’Inter è a solo un punto dalla matematica qualificazione agli ottavi di Champions League, il merito è in gran parte del Jardinero, che semina e raccoglie, senza mai alzare la voce. Al momento è giusto che sia lui a reggere il peso dell’attacco nerazzurro, perché lo sta meritando a suon di gol, già otto tra campionato e Champions. Gli altri nicchiano: Oba Martins, come temevo, non sta crescendo dal punto di vista caratteriale e Recoba ha persino lasciato la panchina quando ha capito che non sarebbe mai entrato. Mancini avrà tanti difetti, ma l’Inter a volte pare l’Asilo Mariuccia e non una squadra di calcio. Non a caso a fare più capricci sono sempre i cocchi del rettore (Moratti) e il maestro (Mancini), a volte, perde il lume della ragione. E mentre Adriano lasciava in anticipo lo stadio scuro in volto, dando la colpa del suo rendimento terribilmente basso ai giornalisti (ti pareva…), Moratti si rigirava tra le mani proprio la maglia dell’Imperatore. “Il ragazzo è giù!” – ha commentato il patron – “Non è un dramma!”. Vero, perché Adriano può ancora essere uno dei migliori attaccanti del mondo, ma non lo è ora, e sarebbe un dramma non accorgersene o non permettere a Mancini di accorgersene.

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