Moratti story 1995-2000: anni difficili

Pubblicato su Eurocalcio – gennaio 2002

I numeri dei primi sei anni di presidenza parlano da soli: 80 calciatori acquistati, 12 allenatori, alcuni di ritorno, 850 miliardi investiti ed un solo trofeo, la Coppa Uefa ’98.
E’ il 18 febbraio ’95 quando Massimo Moratti diventa ufficialmente presidente dell’Inter. Si parla subito di ‘ritorno a casa’ perché l’Inter, in casa Moratti, è considerata un bene di famiglia. Alla vigilia il clima è pesante: da mesi è in atto una dura contestazione al presidente Ernesto Pellegrini. Tutti i tifosi più o meno organizzati chiedono fermamente una svolta societaria. Il primo ad offrirsi è l’amministratore delegato Roberto Tavecchio, che guida una cordata di imprenditori e dichiara la sua disponibilità a rilevare il pacchetto azionario di maggioranza. La discesa in campo di Moratti però lo costringe ad un immediato ritiro. Il popolo nerazzurro vuole Moratti, nessun altro. Per chi è interista il nome di Moratti evoca suggestioni euromondiali fatte di scudetti, coppe dei campioni e coppe intercontinentali. L’Inter di papà Angelo, Italo Allodi e Helenio Herrera, ha scritto la storia del calcio durante i favolosi anni ’60. Agli occhi della gente, Moratti vuol dire ritorno al futuro! Difficile definire con certezza le cifre dell’operazione: c’è chi parla di una quarantina di miliardi, chi dice ancora meno. Certamente quella che Moratti trova è una società in difficoltà, con gravi esposizioni finanziarie e pendenze da regolare. Per prima cosa, Moratti rilancia la società: ripiana i debiti, conferma l’avv.Peppino Prisco, bandiera nerazzurra, alla vicepresidenza, e trasferisce la sede da piazza Duse a via Durini, in un prestigioso palazzo nel cuore di Milano. Nel consiglio d’amministrazione entrano subito nomi importanti dell’ imprenditoria italiana, come Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli, nuovo sponsor. Altro vicepresidente è Gianmaria Visconti di Modrone, già dirigente accompagnatore con Helenio Herrera e assiduo frequentatore di casa Moratti. Responsabile organizzativo è Paolo Taveggia, già dirigente del Milan di Silvio Berlusconi. Taveggia è ; un manager con grande esperienza internazionale, che ha collaborato all’ organizzazione di Italia ’90, proprio con Massimo Moratti, e di Usa ‘ 94. A livello operativo, rientrano all’Inter quattro protagonisti dell’Inter di papà Angelo: Sandro Mazzola, responsabile del mercato, Luis Suarez, capo degli osservatori, Mario Corso, delegato al settore giovanile, e Giacinto Facchetti, ministro degli esteri della società per i rapporti con UEFA e FIFA. Per quanto riguarda la squadra, c’è un campionato in corso e Moratti si prende un po’ di tempo per capire la situazione tecnica. La prima partita a cui assiste a San Siro è Inter-Brescia il 19 febbraio ’95, il giorno dopo il suo ingresso in società. La squadra è conciata male, undicesima in classifica con Foggia e Napoli, a 18 punti dalla Juventus capolista. L’allenatore Ottavio Bianchi è pronto a rimettere il mandato dopo il cambio di vertice, ma Moratti lo invita a restare. Con il Brescia l’Inter gioca meglio del solito e vince di misura grazie al gol-partita di Nicola Berti. Poi, dopo qualche risultato altalenante, la squadra inanella da metà marzo a metà aprile cinque vittorie consecutive, tra cui uno splendido derby, vinto 3-1 con le reti di Seno, Jonk e Berti. La ‘primavera nerazzurra’ induce Moratti a cambiare strategia. Con Bianchi non c’è molto dialogo, anche perché il tecnico è per carattere chiuso e scontroso, ma la squadra sembra con lui. Così Moratti lo conferma alla guida dell’ Inter anche per la stagione successiva, quella d’esordio per la nuova società. L’Inter intanto chiude il campionato con un rocambolesco piazzamento Uefa, grazie al gol di Marco Delvecchio a San Siro contro il Padova, all’ultimo minuto dell’ultima giornata. Massimo Moratti lancia quindi la sua prima campagna acquisti, importante ma non memorabile. Il primo sogno è Eric Cantona, stella francese del Manchester, ma i tentativi per strapparlo al club inglese risultano vani. Insieme a Ganz, già acquistato da Pellegrini prima di lasciare, arrivano Zanetti e Rambert, due giovani argentini, Paul Ince, un incontrista inglese di razza, e Roberto Carlos, esterno sinistro brasiliano. Poi altri nomi più o meno importanti, da Salvatore Fresi, libero-rivelazione della Salernitana a Benny Carbone, fantasista napoletano. In totale 15 giocatori per un totale di spesa pari a 78 miliardi. Per contro, se ne vanno, tra gli altri, gli ultimi grandi acquisti di Pellegrini, Bergkamp e Jonk. L’Inter parte con ambizioni dichiarate, ma in coppa Uefa torna subito a casa per mano dell’umile Lugano che in due partite ha la meglio sui nerazzurri. L’Europa, faticosamente conquistata, è già persa prima di cominciare. Anche la partenza in campionato non è entusiasmante e, alla quarta giornata, dopo Napoli-Inter 2-1, Ottavio Bianchi viene esonerato. Al suo posto, dopo una brevissima parentesi di Luisito Suarez, arriva Roy Hodgson, allenatore inglese che Moratti è riuscito a strappare alla nazionale svizzera, fresca qualificata agli europei d’ Inghilterra. La stagione non è esaltante, anche se l’esperto Marco Branca, arrivato a stagione in corso, si conferma bomber di razza segnando 17 reti in 24 gare di campionato. L’Inter alla fine è settima ed entra in Coppa Uefa solo grazie ai successi della Fiorentina in Coppa Italia e della Juventus in Champions League. Nel successivo mercato c’è l’ incauta cessione di Roberto Carlos, suggerita da Roy Hodgon che non lo ama. Moratti vorrebbe opporsi ma, per rispetto al tecnico, non lo fa. Lo rimpiangerà a lungo. L’Inter si rinforza con Youri Djorkaeff acquistato dal Paris St Germain vincendo la concorrenza del Barcellona, Ivan Zamorano, ex Real Madrid, e Nwankwo Kanu preso dall’Ajax per soli 3 miliardi, ma inutilizzabile per un gravi problemi cardiaci. Il nigeriano riprenderà a giocare solo dopo più di un anno, grazie ad un miracoloso intervento chirurgico, per il quale dovrà essere eternamente riconoscente a Moratti. A centroca mpo, Hodgson chiede e ottiene anche Ciriaco Sforza, centrocampista italo-svizzero che conosce dai tempi della nazionale. Con 46 miliardi spesi per 12 acquisti il mercato 1996-97 resta, storicamente, il più economico dell’era di Moratti. La stagione è discreta con un terzo posto in campionato, alle spalle di Juventus e Lazio, e con una finale di Coppa Uefa persa ai rigori, proprio a San Siro, contro i tedeschi dello Schalke 04. Quella stessa sera però Hodgson litiga platealmente con Zanetti appena sostituito e si dimette: il suo rapporto con la squadra è in crisi da tempo. Tocca a Luciano Castellini chiudere la stagione. Nell’estate ‘97 Moratti si scatena sul mercato e piazza il colpo grosso: strappa Ronaldo al Barcellona per 48 miliardi, cifra record per quei tempi, oggi risibile anche per un attaccante di medio valore. Con lui arrivano altri 12 giocatori, per un totale di spesa di 138 miliardi. Tra gli acquisti Taribo West , Diego Simeone e Alvaro Recoba, che Moratti ha ammirato in videocassetta. In panchina c’è Gigi Simoni, scelto in un ampia rosa di candidati. In precampionato l’Inter gioca così male che la panchina del tecnico appare subito caldissima. A San Siro, Recoba salva Simoni dall’esonero già alla prima giornata, il 31 agosto ’97, ribaltando con una doppietta lo svantaggio contro il Brescia. Poi, sale in cattedra Ronaldo, protagonista assoluto di una grandissima stagione. Il ‘ fenomeno’ segna 34 gol tra campionato e coppe. Vanno a mille anche Diego Simeone, gladiatore d’altri tempi, e Francesco Moriero, che conquista la Nazionale a suon di assist per Ronie e compagni. La grande delusione però ; arriva in un finale di campionato tra i veleni. Il 26 aprile ’98 in Juventus-Inter 1-0, scontro diretto per lo scudetto, l’arbitro Ceccarini non vede un macroscopico fallo da rigore di Iuliano su Ronaldo. Un rigore fischiato dalla storia ma non dall’arbitro livornese. L’Inter chiude il campionato seconda alle spalle della Juve di Lippi. Seguono polemiche mai sopite, che portano addirittura ad interrogazioni parlamentari, alla riforma dei vertici arbitrali e dei criteri di designazione dei direttori di gara. L’Inter si consola vincendo la terza Coppa Uefa della sua storia, dopo una marcia trionfale. La notte del 6 maggio ’98, a Parigi, Zamorano, Zanetti e Ronaldo stendono la Lazio in finale con un netto 3-0 e alzano al cielo la Coppa Uefa che, ad oggi, resta l’unico trofeo della presidenza Moratti. Il secondo posto in campionato e la Coppa Uefa non bastano a convincere definitivamente Moratti sulle qualità di Simoni. Anzi, da giorni, circola il nome Alberto Zaccheroni. La larga vittoria di Parigi però cambia i piani: Simoni viene confermato e Moratti vara nuovi investimenti. Con 70 miliardi arrivano altri 10 acquisti, tra cui il sogno di sempre, Roberto Baggio. La squadra però, rinforzata solo in parte, non può mai contare su Ronaldo, uscito malconcio dai mondiali di Francia’98. L’ avvio in campionato non è travolgente. Va un po’ meglio in Champions League, dopo la bruciante lezione di calcio di Siviglia, alla prima vera gara con il Real Madrid. La sera del 28 novembre ’98 un grande Baggio liquida con una doppietta il Real nel retour-match di San Siro, ma la rottura è imminente. Baggio comincia in panchina e la decisione di Simoni non piace a Moratti. Anzi, secondo voci mai smentite, Baggio gioca la ripresa solo grazie alle pressioni del presidente nell’intervallo. Il 3-1 finale sconfessa il tecnico. Tre giorni dopo, non basta una sofferta vittoria con la Salernitana a San Siro a salvare Simoni, che viene esonerato. L’ accusa è anzitutto tecnica: la squadra gioca male e, con tutti i campioni che ha, non impone mai il suo gioco. Viene trascurato però un fatto fondamentale: Simoni, al di là del gioco, ha fatto dell’Inter un buon gruppo. E, via lui, il gruppo si disperde. Il successore Mircea Lucescu tenta tardivamente un cambio di rotta tattica e chiude senza troppi scossoni la prima fase di Champions League. I giocatori però rispondono a fatica e, a volte, male. A Vicenza, Taribo West non gradisce la sostituzione e getta la maglia in panchina. Altri rimpiangono nelle segrete dello spogliatoio Gigi Simoni. Ronaldo sta male ed è sempre più spesso fuori causa. Lucescu, dopo i rovesci in campionato, cerca di concentrare tutti gli sforzi sulla Champions League, ed in particolare sulla doppia sfida con gli inglesi del Manchester United a primavera: o dentro o fuori, o riscatto o caduta libera. Accade la seconda. Nel marzo ’99 infatti, l’Inter esce sconfitta 2-0 dall’Old Trafford, recriminando con l’arbitro tedesco Helmut Krug che annulla un gol validissimo a Diego Simeone. Il pareggio 1-1 nel ritorno a San Siro elimina l’Inter. Persa l’Europa, la squadra sbraca subito in campionato: dopo Sampdoria-Inter 4-0, Lucescu presenta le dimissioni. Lo sconcerto di Moratti è enorme. E’ dall’esonero di Simoni che il presidente si trova sotto il fuoco della critica. Castellini rimpiazza Luscescu, ma resiste solo un mese su una panchina diventata impossibile. Il ‘giaguaro’ smette di graffiare il 25 aprile ‘99: ha i nervi a fior di pelle, durante Inter-Udinese 1-3, con i nerazzurri che cedono di schianto a San Siro. L’Inter è allo sbando: serve qualcuno che traghetti la squadra verso Marcello Lippi, già ingaggiato per la stagione successiva. Dall’Inghilterra torna un vecchio amico, Roy Hodgson, per cercare di finire con dignità. Massimo Moratti, ferito da critiche feroci, prende una decisione clamorosa e strategica. Il 6 maggio ’99, esattamente un anno dopo il trionfo di Parigi, si dimette. E le sue dimissioni provocano a catena quelle dei principali collaboratori, Visconti di Modrone, Mazzola, Suarez e Corso. La squadra chiude la stagione all’ottavo posto, senza uno straccio d’ Europa. Quando Massimo Moratti torna alla guida dell’Inter, la rifondazione è già avviata con un nuovo staff tecnico: Lele Orali è il nuovo direttore sportivo al posto di Mazzola, Marcello Lippi è il nuovo allenatore, con ampi poteri e carta bianca sul mercato. E il mercato è sontuoso con 257 miliardi spesi e 13 nuovi acquisti. Vieri è il colpo dell’anno. Moratti lo acquista dalla Lazio per 90 miliardi, 69 in liquidi più il cartellino di Simeone, valutato 21 miliardi. Con Vieri, ecco Peruzzi, Panucci, Seedorf, Jugovic, Blanc e altri ancora. Cadono molte teste eccellenti, Bergomi e Pagliuca, bandiere ormai strappate, lasciano l’ Inter. La cessione di Simeone, invece, che si attesta alle spalle di Roberto Carlos nella classifica dei rimpianti, è causata da presunti rapporti ad alta tensione tra il Cholo e Ronaldo. Ma la vicenda resta confusa, come il ruolo giocato nei rapporti tra i due da Paulo Sousa, detestato dallo spogliatoio. L’Inter di Lippi però non demerita: perde Ronaldo per due volte e Vieri a più riprese, ma chiude con un dignitoso quarto posto in campionato, mentre in Coppa Italia si arrende solo alla Lazio campione d’Italia. La vittoria nello spareggio con il Parma, 3-1 sul neutro di Verona, vale il posto in Champions League. E’ l’altra magica serata di Roberto Baggio in nerazzurro , dopo quella con il Real Madrid: anche al Bentegodi, una doppietta. I rapporti ad alta tensione tra Lippi e alcuni giocatori sono però evidenti. Oltre a Panucci, c’è di mezzo proprio Baggio, che Lippi non vuole più. Per Moratti è un colpo al cuore. Anche con Recoba il feeling sembra scarso, ma un confronto alla presenza del presidente decreta la tregua. Lippi resta, ma senza carta bianca e lo smalto dei tempi migliori. Chiede una società più forte ed altri acquisti, ma Moratti non è più disposto ad accontentarlo: il forzato addio di Baggio ha definitivamente compromesso i rapporti. Malgrado ciò, la campagna acquisti è ancora poderosa: si spendono altri 260 miliardi per 17 giocatori. Ma non c’è un vero colpo, altri si rivelano subito sbagliati, come Vampeta, Keane e Pirlo che, tornato alla base, riparte per la provincia. L’era Lippi sembra già esaurita durante il ritiro a Sarre e, dopo l’eliminazione nel preliminare di Champions League con l’Helsingborg, scorrono i titoli di coda. Il divorzio ufficiale si consuma alla prima giornata di campionato, dopo Reggina-Inter 2-1. In sala stampa. Lippi consiglia il presidente di cacciare l’allenatore e di prendere a calci in culo i giocatori. Per l’allenatore, detto fatto! Per i giocatori non si può ; fare e, come accade quasi sempre quando si cambia in corsa, l’Inter sprofonda con Marco Tardelli.

Lascia una risposta